Circa 4 miliardi di anni fa, un violentissimo impatto interessò la più grande luna di Giove, Ganimede. Una recente ricerca giapponese afferma che, a causa di questa collisione, l’asse di rotazione del corpo celeste si è spostato.
La luna gioviana Ganimede fotografata dalla sonda Galileo il 26 giugno 1996. Credit: science.nasa.gov.
Fin dalla sua scoperta nel gennaio 1610 ad opera di Galileo Galilei, Ganimede, la principale luna di Giove nonché la più grande dell’intero sistema solare, ha sempre suscitato notevole interesse scientifico. A darci un’idea di che aspetto avesse questo lontano mondo ghiacciato – protagonista anche di svariate opere fantascientifiche che lo vedevano popolato da stravaganti razze aliene oppure sede di colonie terrestri – sono state le sonde statunitensi Pioneer 10 e 11 nei primi anni ’70 del secolo scorso. Sul finire di quella decade, il satellite gioviano è stato visitato anche dalle sonde Voyager, fin quando le missioni spaziali Galileo a metà degli anni ’90 e Juno nel 2016 ce l’hanno mostrato in tutto il suo lugubre splendore. Nel corso del tempo ci si è resi sempre più conto delle sue peculiarità: è l’unica luna nota ad avere un proprio campo magnetico che genera aurore o filamenti luminosi di gas incandescente che circondano i poli e ci sono forti prove che abbia un oceano sotterraneo di acqua salata che potrebbe contenere più acqua di tutta quella presente sulla superficie terrestre. Questo lo rende un mondo davvero affascinante, motivo per cui la missione JUICE della NASA – lanciata verso Giove e le sue lune ghiacciate il 14 aprile 2023 – ha come obiettivo principale confermare questa ipotesi e raccogliere quante più informazioni possibili su tale oceano al fine di rilevare possibili tracce di vita microscopica. Inoltre, come accade alla nostra Luna, Ganimede è in rotazione sincrona, ovvero mostra sempre la stessa faccia al pianeta attorno al quale orbita. Approfondendo lo studio di questo corpo celeste, gli scienziati si sono accorti che su gran parte della sua superficie ci sono solchi che formano cerchi concentrici attorno a un punto specifico, così che negli anni ’80 gli studiosi hanno avanzato l’ipotesi che queste formazioni possano essere il risultato di un imponente evento di impatto risalente agli albori del sistema solare. “Sappiamo che questa caratteristica è stata creata da un impatto di un asteroide circa 4 miliardi di anni fa, ma non eravamo sicuri di quanto fosse grande questo impatto e quale effetto avesse avuto su Ganimede”, afferma il planetologo Naoyuki Hirata della Kobe University, in Giappone. Nel 2020, proprio un team di ricerca della Kobe guidato da Hirata ha pubblicato sulla rivista “Icarus” uno studio in cui si spiega, rianalizzando vecchie immagini delle sonde Voyager e della missione Galileo, come mai i solchi si siano distribuiti in cerchi concentrici estendendosi radialmente per quasi 8000 Km sulla superficie di Ganimede; l’ipotesi è che i solchi e gli avvallamenti potrebbero essere ciò che rimane di un unico enorme cratere da impatto. Oggi siamo quasi certi che quel devastante evento, probabilmente il più catastrofico nel sistema solare, non solo è avvenuto davvero, ma ha prodotto notevoli conseguenze su Ganimede.
A destra: particolare dei solchi che ricoprono la superficie di Ganimede. La loro struttura concentrica si diparte dal punto contrassegnato con la croce nell’immagine a sinistra. Credit: N. Hirata.
Lo scorso 3 settembre, Hirata, specialista nelle simulazioni di impatti su pianeti e satelliti, ha pubblicato su “Scientific Reports” un altro studio a firma solo sua in cui sostiene che l’impatto su Ganimede è avvenuto in un punto situato quasi precisamente sul meridiano più lontano da Giove, provocando addirittura uno spostamento dell’asse di rotazione della luna. Sulla base dei dati raccolti dalla sonda New Horizons – che pare abbiano ispirato le ricerche del planetologo giapponese – un simile evento dev’essere accaduto anche su Plutone. Grazie alle sue simulazioni, il ricercatore della Kobe University è giunto alla conclusione che l’asteroide che ha colpito Ganimede aveva probabilmente un diametro di circa 300 chilometri – grosso modo 20 volte più grande di quello che entrò in collisione con la Terra 66 milioni di anni fa ponendo fine all’era dei dinosauri – e avrebbe creato un cratere con dimensioni comprese tra i 1400 e i 1600 Km di diametro. Solo un impatto di questa portata, secondo i calcoli di Hirata, sarebbe stato in grado di generare una redistribuzione della massa della luna tale da provocare un re-orientamento dell’asse di rotazione fino a portarlo alla posizione attuale. Hirata ha infine dichiarato che “il devastante impatto deve aver avuto un’influenza considerevole sull’evoluzione iniziale di Ganimede, ma i suoi effetti termici e strutturali sotto la superficie del satellite non sono ancora stati studiati. Credo che in seguito potrebbero essere condotte ulteriori ricerche basate sull’evoluzione interna delle lune di ghiaccio”. Sarà forse la missione JUICE a dare tutte le risposte del caso.