Cinquantanove anni fa, il 15 dicembre 1964, il nostro paese entrò di diritto nell’era spaziale lanciando dalla base americana di Wallops Island il satellite San Marco 1.
15 dicembre 1964: il satellite San Marco 1 decolla dalla base americana di Wallops Island. Credit: www.media.inaf.it
Molti anni prima che venisse fondata l’ASI (agenzia spaziale italiana), l’Italia aveva già conquistato lo spazio, diventando il terzo paese al mondo, dopo Stati Uniti e Unione Sovietica, ad avere costruito, lanciato e messo in orbita un satellite “made in Italy” in tutto e per tutto (lanciatore escluso): il San Marco 1.
La storia che portò il nostro paese a raggiungere questo importante traguardo il 15 dicembre 1964 iniziò dieci anni prima, con l’istituzione nel 1954 della prima cattedra di ingegneria aerospaziale a Roma. Due anni più tardi, grazie a Luigi Broglio – ingegnere e Generale Ispettore del Genio aeronautico – prese vita il Centro ricerche aerospaziali (CRA) proprio all’Università di Roma. E così, a partire dal 1956 presso il poligono sperimentale delle forze armate a Salto di Quirra in provincia di Nuoro, Broglio e la sua squadra iniziarono a prendere dimestichezza con i lanci spaziali impiegando i vettori americani Nike per lo studio dell’alta atmosfera terrestre.
Ci fu anche un altro protagonista e pioniere delle attività spaziali italiane: il prof. Edoardo Amaldi, uno dei membri del gruppo dei “Ragazzi di via Panisperna” guidato da Enrico Fermi. Grazie ai buoni rapporti che riuscì a instaurare con figure di rilievo della scena aerospaziale statunitense – quali Theodore von Kármán e Hugh Dryden, direttore scientifico della Nasa alla fine degli anni ’50 – Amaldi contribuì in modo decisivo a creare una stretta e proficua collaborazione con la NASA stessa, la quale fornì supporto tecnico e formazione agli ingegneri italiani.
Alla luce dei successi ottenuti nella campagna di lanci 1960 – 1961 e delle competenze acquisite nei settori della missilistica così come della fisica dell’atmosfera, nell’ottobre 1961 il governo presieduto da Amintore Fanfani, ottenuto l’appoggio della NASA, approvò il nostro primo programma spaziale nazionale, denominato “Progetto San Marco” in onore del santo protettore dei naviganti. La collaborazione con gli statunitensi prevedeva la progettazione e la realizzazione di una serie di satelliti e di una piattaforma di lancio oceanica in zona equatoriale (novità mondiale assoluta) che divenne operativa però soltanto nel 1967, permettendo di lanciare il San Marco 2.
Alla guida dell’intero programma fu posto l’ingegner Broglio, il quale presentò al partner americano nel tardo autunno del 1961 una serie di progetti, attività ed esperimenti che i satelliti dovevano realizzare in orbita. La NASA scelse come esperimento principale per il San Marco 1 lo studio della densità dell’aria nell’alta atmosfera, proposto proprio dal gruppo di ricerca capitanato da Luigi Broglio. In lizza c’era anche un altro esperimento di grande interesse scientifico per l’epoca: lo studio dei raggi cosmici, proposto invece dalla comunità di fisici guidata da Edoardo Amaldi. E fu così che quel 15 dicembre 1964, decollando dalla base americana di Wallops Island (Virginia) e spinto da un razzo Scout X-4 fornito dalla NASA, il San Marco 1 condusse l’Italia nell’era spaziale.
Alloggiamento del satellite San Marco 1 nel vettore americano Scout X-4. Credit: www.cronachedalsilenzio.it
Quel nostro primo satellite era costituito da una pesante struttura interna cilindrica circondata da un guscio esterno sferico in alluminio leggero del diametro di 66 cm; la massa totale del satellite era pari a 115,2 kg. La sonda fu posta in un’orbita di 206 km x 820 km, leggermente più ellittica dell’orbita inizialmente prevista, con un’inclinazione di 37,79 gradi e un periodo di 95 minuti. Quattro antenne sporgevano dall’equatore del satellite per consentire le comunicazioni e trasferire a terra i dati acquisiti. Come ricordato in precedenza, lo strumento principale a bordo era la cosiddetta “bilancia Broglio”, uno strumento innovativo per l’epoca che consentiva di misurare la densità dell’atmosfera ad altissime quote (tra i 200 e 400 km), dato di grande interesse per gli sviluppi delle successive tappe della conquista dello spazio, poiché consentiva di calcolare la resistenza dell’aria al moto orbitale di un satellite. Queste misurazioni, come da programma, proseguirono fino al 30 dicembre 1964, quando entrò in funzione un esperimento secondario che aveva lo scopo di investigare le proprietà della ionosfera. Questa prima grande avventura italiana nello spazio si concluse alle ore 11:00 UTC del 14 settembre 1965, dopo ben 271 giorni di operatività. Per ricordare quest’impresa, il 16 dicembre di ogni anno, a partire dal 2021, si festeggia la giornata nazionale dello spazio.