Agosto, mese di tepori serali, di vacanze e di osservazioni del cielo, mese in cui le stelle scintillano vivide e ogni tanto ci sembra che cadano addirittura dal cielo.
di Davide Cenadelli
Agosto, mese di tepori serali, di vacanze e di osservazioni del cielo, mese in cui le stelle scintillano vivide e ogni tanto cadono dal cielo … anche se, naturalmente, quello delle “stelle cadenti” è solo un modo di dire. Il loro nome corretto è meteore e, nelle notti che precedono il Ferragosto, tocca il suo apice uno sciame di meteore, non certo l’unico ma, complice le ragioni sopra addotte, il più noto e osservato, quello delle Perseidi. Ma cosa sono esattamente queste Perseidi? E perché si vedono proprio in quei giorni?
La storia comincia molto tempo fa, quando, alla nascita del Sistema Solare, la Natura decide di formare non solo una stella – il nostro Sole – e dei pianeti tra cui la nostra Terra, ma anche di lasciare un po’ di materiale sparso qua e là, piccoli corpi fatti di roccia e di ghiaccio, quasi non sapesse bene che farsene, e avesse deciso di lasciarli in giro a formare delle fasce asteroidali, e poi si vedrà. Molto tempo e molte perturbazioni gravitazionali dopo, uno di questi corpi, una piccola palla di neve sporcata da polveri e frammenti rocciosi, abituata al freddo e al buio dello spazio interplanetario, appena rischiarato da un Sole lontano, subisce una spinta, forse da parte della gravità di un pianeta, forse di una stella di passaggio non molto lontano dal Sistema Solare, e comincia a cadere.
Sì, cadere, sempre più velocemente, in una buca di potenziale gravitazionale, verso il Sole lontano che si fa sempre più vicino. La nostra palla di neve sporca si avvicina alla parte interna del sistema, passa vicino a pianeti che aveva visto fino a quel momento solo da lontano, tra cui un piccolo pianeta azzurro che non aveva mai visto bene se non come un puntino appena percettibile. E non una volta sola: da quel momento torna più volte a visitare queste zone per lei nuove, e capita talora che passi abbastanza vicino a quel pianeta azzurro. Se il suono si propagasse nello spazio vuoto, potrebbe sentire le voci degli esseri di una specie senziente e intelligente che vive su quel pianeta, lo chiama “Terra” e si autodefinisce “umanità”. E saprebbe che lei si chiama “cometa”.
Molto tempo e molti passaggi dopo, potrebbe notare due occhiuti rappresentanti di una categoria professionale nota come “astronomi” che la guardano senza sosta, ma la cosa non la infastidisce, anzi la lusinga. Questi due astronomi si chiamano Lewis Swift e Horace Parnell Tuttle, e hanno deciso di darle il loro nome. Se li sentisse, saprebbe quindi di chiamarsi “Cometa Swift-Tuttle” e forse il suo nucleo ghiacciato si fonderebbe (gli astronomi direbbero “sublimerebbe”) per l’emozione … non fosse che ci sta già pensando il Sole. In effetti, tutto il calore che riceve quando si avvicina al Sole le fa piacere, dopo essere rimasta per tanto tempo oltre la “linea di ghiaccio” che divide il Sistema Solare interno da quello esterno, anche perché quel calore fa sublimare un po’ dei ghiacci di cui è composta, e questo le dona una magnifica chioma gassosa, e una o più code.
Si accorge però anche di lasciare dietro di sé una scia di detriti, granelli di polvere molto piccoli, e talora qualche frammento roccioso più grande, che espelle nello spazio sotto l’azione del calore solare, e che si vanno distribuendo lungo la sua orbita. Pazienza, pensa, sono fatta così, una palla di neve sporca, e ogni volta che passo vicino al Sole mi consumo un po’. Sarebbe però molto contenta se sapesse che la Terra, orbitando intorno al Sole, ogni anno interseca la sua scia di detriti, che vi cadono sopra, e a causa dell’altissima velocità, più o meno 200.000 km/h, per l’attrito con l’atmosfera terrestre succedono cose notevoli. Questi frammenti si scaldano e si vaporizzano, riscaldando anche le molecole dell’atmosfera al punto che gli atomi si ionizzano, e quando si ricombinano con gli elettroni emettono luce. Questa luce si accende e si spegne subitamente nell’atmosfera terrestre, e gli uomini ne vanno pazzi!
Tutti gli anni, pochi giorni prima di quello che loro chiamano “Ferragosto”, si siedono all’aperto per vedere lo spettacolo che lei sta regalando da tempi immemorabili e donerà ancora per un futuro lunghissimo. Sarebbe contenta di saperlo. Gli uomini chiamano addirittura “stelle cadenti” questi fenomeni, anche se con le stelle, che brillano lontane ed immense nel buio della Galassia, non c’entrano niente. Sono infatti causate da frammenti che, per la maggior parte, sono più piccoli di un millimetro. Gli astronomi, allora, dicono seriosi che non bisogna chiamarle così, ma “meteore”, questo è il termine corretto. I giorni dell’anno in cui questo fenomeno è meglio visibile sono quelli tra il 10 e il 15 agosto, con un picco, quest’anno, previsto per la notte tra il 12 e il 13, soprattutto di notte tardi e verso il mattino, e la Luna sarà quasi nuova e non arrecherà alcun disturbo. Ci si aspetta comunque di vedere qualche meteora già da fine luglio, e fin verso fine agosto.
E gli uomini sono anche esseri pieni di fantasia e di desideri, e a volte la loro immaginazione lavora un po’ troppo e inventano storie strane, tipo che vedere una di queste meteore faccia avverare uno dei loro desideri. Certo, non è così, ma è bello che desiderino qualcosa, bisogna innanzitutto desiderare qualcosa se la si vuole realizzare. E poi c’è un caso in cui è vero, vedere una meteora fa effettivamente realizzare un desiderio: quando il desiderio è proprio quello di vedere una meteora.
In fin dei conti, la cometa Swift-Tuttle ha capito quale sia la logica del suo peregrinare: disseminando lentamente granelli di polvere dal suo nucleo ghiacciato sta regalando gioia agli uomini, e li invita a spegnere le luci, sdraiarsi nel buio della notte e ammirare la grandezza di ciò che li circonda.
Restando nell’ambito del Sistema Solare, il cielo di agosto si presenta finalmente favorevole all’osservazione di Saturno, dopo mesi passati ad aspettare notte fonda per vederlo. Il giorno 27 il pianeta si trova in opposizione al Sole, quindi è visibile tutta la notte, mentre a inizio mese sorge un paio d’ore dopo il tramonto, quindi risulta comunque osservabile dalla tarda serata in poi. Un po’ più scomodo Giove che, nella costellazione dell’Ariete, sorge a oriente all’una di notte a inizio mese, e intorno alle 23 alla fine. Venere si trova in congiunzione inferiore col Sole il giorno 13, risultando pertanto inosservabile, anche se a fine mese comincerà a fare capolino nella luce dell’alba, risultando osservabile dopo le 5 del mattino circa, e mostrando al telescopio la fase di falce, la più bella da vedere.
E veniamo ora al cielo stellato. Appena sceso il buio, si vedono ancora bene Boote con la brillantissima Arturo, la Corona Boreale, Ercole, il Serpente, Ofiuco, lo Scorpione basso sull’orizzonte meridionale, a est del quale troviamo il Sagittario. Col passare delle ore il Triangolo Estivo, già alto al tramonto, occupa la zona zenitale. Esso è formato da tre stelle brillanti: Vega, nella costellazione della Lira, Altair nell’Aquila e Deneb nel Cigno, in ordine decrescente di luminosità apparente. Naturalmente la luminosità apparente non ci dice quale fra le tre stelle sia la più luminosa intrinsecamente, bisogna conoscere anche la distanza. La distanza di Altair e Vega è ben nota, essendo queste due stelle relativamente vicine: rispettivamente 17 e 25 anni luce. Si può quindi calcolare che esse sono entrambe due stelle nane più grandi e brillanti del Sole, che emettono rispettivamente 11 e 40 volte più luce del nostro luminare diurno. Deneb è molto più lontana, così lontana che le misure di distanza di questa stella sono difficili e abbastanza incerte. Uno dei valori più attendibili pubblicati ad oggi dice che Deneb si trova a 2.600 anni luce, e ne risulterebbe che questa stella eccezionale è una supergigante bianco-azzurra 200 volte più grande e 200.000 volte più luminosa del Sole. Per luminosità apparente essa appare al 19° posto in cielo, ma tra le 20 stelle apparentemente più luminose del cielo notturno essa è in assoluto la più lontana nonché quella intrinsecamente più luminosa.
Le tre costellazioni cui appartengono queste tre stelle sono ricche di storia. Secondo la mitologia greca, la Lira rappresenta lo strumento musicale suonato da Orfeo, cantore e musico sublime capace di incantare uomini e animali. Sfortunatamente Orfeo perse la moglie Euridice, che fu morsa e uccisa da un serpente. Allora, inconsolabile, si recò nel regno dei morti – che i Greci immaginavano essere sottoterra – per ritrovarla. Raggiunti Ade, il dio di questo regno, e la moglie Persefone, li commosse suonando la lira e cantando il suo dolore per la perdita della moglie, al punto che essi permisero a Euridice di tornare nel mondo dei vivi. A un patto, però: che Orfeo si incamminasse davanti a lei, e non si voltasse mai a guardarla fino a che non fossero usciti dal regno dei morti. Orfeo ebbe cura di rispettare questo divieto ma, appena uscito dalla porta di tale regno, si voltò a guardare Euridice, senza pensare che ella, trovandosi un po’ indietro, non l’aveva ancora varcata. E così Euridice dovette ritornare indietro ed Orfeo la perse di nuovo. Come tutti i miti, anche questo ha dei significati, e forse il più ovvio è l’invito a non guardarsi troppo indietro, ma a guardare avanti. Il passato vive dentro di noi, ma non può più essere cambiato, mentre il futuro è ancora tutto da scrivere.
Il Cigno rappresenta invece l’animale in cui si trasformò Zeus per sedurre Leda, dall’unione con la quale nacque Polluce. Quella stessa notte, però, Leda si congiunse anche al marito Tindaro, e da questa unione nacque Castore. Polluce e Castore sono rappresentati nella costellazione dei Gemelli, invisibile in cielo in questo periodo. Secondo un’altra interpretazione, il Cigno rappresenterebbe invece Orfeo stesso, posto in cielo vicino alla sua amata Lira.
L’Aquila invece identifica l’animale simbolo di Zeus, che portava e riportava al dio il fulmine che egli scagliava. L’aquila rapì anche Ganimede, descritto da Omero come il più bello degli uomini, per trasportarlo sul Monte Olimpo ove divenne il coppiere degli dei, e a Ganimede è dedicata la vicina costellazione dell’Acquario.
Agosto è anche il mese in cui l’estate diviene matura e comincia a declinare, e ce lo ricordano le costellazioni autunnali, che si affacciano all’orizzonte già dalle ore serali. Pegaso, Andromeda e Perseo ci ricordano che il cambio di stagione non è lontano. Quando, verso fine mese, le costellazioni della nuova stagione si mostreranno sempre più alte in cielo, alcuni penseranno con nostalgia all’estate che se ne va, altri – come il sottoscritto – con piacere all’autunno che si avvicina.
LA STELLA DEL MESE: EPSILON LYRAE
Le stelle doppie o multiple sono, secondo diverse stime, tra il 30% e il 50% del totale, quindi parecchie, ma pochissime sono le doppie visibili come tali a occhio nudo, in quanto di norma serve un telescopio (per le doppie visuali) o uno spettroscopio (per quelle spettroscopiche). Tra queste pochissime doppie visibili a occhio nudo, c’è Epsilon Lyrae, posta pochi gradi a nord-est della brillantissima Vega, quindi facilissima da trovare. Le due componenti, chiamate ε1 ed ε2 Lyrae, hanno magnitudine 4,66 e 4,59, quindi si vedono con cielo scuro, e la separazione angolare è di circa 3,5 primi d’arco, così che chi ha una vista piuttosto acuta riesce a vederle separate. Il sistema è posto alla distanza di 162 anni luce. ε1 ed ε2 Lyrae distano tra loro circa un sesto di anno luce, con un periodo orbitale di centinaia di migliaia di anni. La cosa notevole, però, è che entrambe sono doppie a loro volta, con una separazione angolare tra le due componenti sia di ε1 che di ε2 pari a 2-3 secondi d’arco, quindi risolvibili con un buon telescopio a patto di avere poca turbolenza atmosferica. Per queste ragioni, Epsilon Lyrae è detta anche “la doppia doppia”. Tutte e quattro le stelle sono nane di classe spettrale compresa tra A3 e F0, quindi di colore bianco-azzurrino, con la più brillante 32 volte più luminosa del Sole e 2,15 volte più grossa. Una stella simile a Vega, in definitiva, anche se quest’ultima splende assai di più in cielo perché è molto più vicina – si trova a 25 anni luce – e solo marginalmente perché è realmente più luminosa – brilla come una quarantina di soli.
Infine, a voler essere pignoli, c’è anche una quinta componente, più debole, presso una delle due componenti di ε2, quindi la “doppia doppia” in realtà non è quadrupla, ma quintupla.
Note sull’Autore
Davide Cenadelli, PhD, è ricercatore all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA) dove si occupa, tra le altre cose, di didattica e divulgazione. All’Osservatorio Astronomico, nel corso di serate prefissate, è possibile partecipare a visite guidate notturne durante le quali, in caso di bel tempo, è possibile osservare, sotto la guida di Davide o colleghi, il cielo a occhio nudo e col telescopio, compresi alcuni degli oggetti sopra menzionati, o altri, a seconda della stagione.