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Il Cielo di Agosto 2020

In arrivo la notte delle Perseidi, la pioggia di meteore più famosa dei cieli estivi.

di Davide Cenadelli

Agosto, mese di tepori serali, di vacanze e di osservazioni del cielo, mese in cui le stelle scintillano vivide e ogni tanto cadono dal cielo … naturalmente, quello delle “stelle cadenti” è solo un modo di dire. Il loro nome corretto è meteore e, nelle notti che precedono il Ferragosto, tocca il suo apice uno sciame di meteore, non certo l’unico ma, complice le ragioni sopra addotte, il più noto e osservato, quello delle Perseidi. Ma cosa sono esattamente queste Perseidi? E perché si vedono proprio in quei giorni?
La storia comincia molto tempo fa, quando, alla nascita del Sistema Solare, la Natura decide di formare non solo una stella – il nostro Sole – e dei pianeti tra cui la nostra Terra, ma anche di lasciare un po’ di materiale sparso qua e là, piccoli corpi fatti di roccia e di ghiaccio, quasi non sapesse bene che farsene, e abbia deciso di lasciarli in giro a formare delle fasce asteroidali, e poi si vedrà. Molto tempo e molte perturbazioni gravitazionali dopo, uno di questi corpi, una piccola palla di neve sporcata da polveri e rocce qua e là, abituata al freddo e al buio dello spazio interplanetario, appena rischiarato da un Sole lontano, subisce una spinta, forse da parte della gravità di un pianeta, forse di una stella di passaggio non molto lontano dal Sistema Solare, e comincia a cadere.
Sì, cadere, sempre più velocemente, in una buca di potenziale gravitazionale, verso il Sole lontano che si fa sempre più vicino. La nostra palla di neve sporca si avvicina alla parte interna del sistema, passa vicino a pianeti che aveva visto fino a quel momento solo da lontano, tra cui un piccolo pianeta azzurro che non aveva mai visto bene se non come un puntino appena percettibile. E non una volta sola: da quel momento torna più volte a visitare queste zone per lei nuove, e capita talora che passi abbastanza vicino a quel pianeta azzurro. Se il suono si propagasse nello spazio vuoto, potrebbe sentire le voci degli esseri di una specie senziente e intelligente che vive su quel pianeta, lo chiama “Terra” e si autodefinisce “umanità”. E saprebbe che lei si chiama “cometa”.
Molto tempo e molti passaggi dopo, potrebbe notare due occhiuti rappresentanti di una categoria professionale nota come “astronomi” che la guardano senza sosta, ma la cosa non la infastidisce, anzi la lusinga. Questi due astronomi si chiamano Lewis Swift e Horace Parnell Tuttle, e hanno deciso di darle il loro nome. Se li sentisse, saprebbe quindi di chiamarsi “Cometa Swift-Tuttle” e forse il suo nucleo ghiacciato si fonderebbe (gli astronomi direbbero “sublimerebbe”) per l’emozione … non fosse che ci sta già pensando il Sole. In effetti, tutto il calore che riceve quando si avvicina al Sole le fa piacere, dopo essere rimasta per tanto tempo oltre la “linea di ghiaccio” che divide il Sistema Solare interno da quello esterno, anche perché quel calore fa sublimare un po’ dei ghiacci di cui è composta, e questo le dona una magnifica chioma gassosa, e una o più code.
Si accorge però anche di lasciare dietro di sé una scia di detriti, granelli di polvere molto piccoli, e talora qualche frammento roccioso più grande, che espelle nello spazio sotto l’azione del calore solare, e che si vanno distribuendo lungo la sua orbita. Pazienza, pensa, sono fatta così, una palla di neve sporca, e ogni volta che passo vicino al Sole mi consumo un po’. Sarebbe però molto contenta se sapesse che la Terra, orbitando intorno al Sole, ogni anno interseca la sua scia di detriti, che vi cadono sopra, e a causa dell’altissima velocità, più o meno 200.000 km/h, per l’attrito con l’atmosfera terrestre succedono cose notevoli. Questi frammenti si scaldano e si vaporizzano, riscaldando anche le molecole dell’atmosfera al punto che gli atomi si ionizzano, e quando si ricombinano con gli elettroni emettono luce. Questa luce si accende e si spegne subitamente nell’atmosfera terrestre, e gli uomini ne vanno pazzi!
Tutti gli anni, pochi giorni prima di quello che loro chiamano “Ferragosto”, si siedono all’aperto per vedere lo spettacolo che lei sta regalando da tempi immemorabili e regalerà ancora per un futuro lunghissimo. Sarebbe contenta di saperlo. Gli uomini chiamano addirittura “stelle cadenti” questi fenomeni, anche se con le stelle, che brillano lontane ed immense nel buio della Galassia, non c’entrano niente. Sono infatti causate da frammenti che, per la maggior parte, sono più piccoli di un millimetro. Gli astronomi, allora, dicono seriosi che non bisogna chiamarle così, ma “meteore”, questo è il termine corretto. I giorni dell’anno in cui questo fenomeno è meglio visibile sono quelli tra il 10 e il 15 agosto, con un picco, quest’anno, previsto per la notte tra l’11 e il 12, soprattutto di notte tardi e verso il mattino, ma qualche meteora è visibile già da fine luglio, e fino a fine agosto.
E gli uomini sono anche esseri pieni di fantasia e di desideri, e a volte la loro immaginazione lavora un po’ troppo e inventano storie strane, tipo che vedere una di queste meteore faccia avverare uno dei loro desideri. Certo, non è così, ma è bello che desiderino qualcosa, bisogna innanzitutto desiderare qualcosa se la si vuole realizzare. E poi c’è un caso in cui è vero, vedere una meteora fa effettivamente realizzare un desiderio: quando il desiderio è proprio quello di vedere una meteora.
Ci sono comete alle loro prime esperienze nel Sistema Solare interno, come la Neowise che ha fatto da poco la sua prima apparizione laggiù dopo essere rimasta in silenziosa attesa per 4 miliardi e mezzo di anni, e che ha fatto tanto parlare di sé il mese scorso. A questa novellina la cometa Swift-Tuttle, che ormai la sa lunga, potrebbe spiegare che, alla fine, ha capito quale sia la logica del suo peregrinare: disseminando lentamente granelli di polvere dal suo nucleo ghiacciato sta regalando gioia agli uomini, e li invita a spegnere le luci, sdraiarsi nel buio della notte e ammirare la grandezza di ciò che li circonda.

(Se volete conoscere il punto di vita della Neowise, potete leggere questo post sulla pagina Facebook dell’Osservatorio Astronomico dove il nostro ricercatore Andrea Bernagozzi ha pubblicato l’intervista esclusiva che la cometa ha concesso quando ha raggiunto il punto della sua orbita più vicino alla Terra.)

Restando nell’ambito del Sistema Solare, il cielo di agosto si presenta molto favorevole alle osservazioni planetarie, in quanto Giove e Saturno sono in condizioni osservative ottimali. Dopo l’opposizione dello scorso mese, appaiono in cielo già col primo buio e culminano a sud in tarda serata, sebbene non molto alti dato che si trovano nella costellazione del Sagittario. Marte, nel contempo, man mano che si avvicina l’opposizione del prossimo ottobre anticipa la sua levata, rendendosi visibile dalla tarda serata. Man mano che la Terra gli si avvicina aumenta la sua luminosità: la sua magnitudine nel corso del mese passa da -1,1 a -1,8. Venere è visibile per alcune ore prima dell’alba, dato che raggiunge la massima elongazione occidentale il giorno 13.
E veniamo ora al cielo stellato. Appena sceso il buio, si vedono ancora bene Boote con la brillantissima Arturo, la Corona Boreale, Ercole, il Serpente, Ofiuco, lo Scorpione basso sull’orizzonte meridionale, a est del quale troviamo il Sagittario. Col passare delle ore il Triangolo Estivo, già alto al tramonto, occupa la zona zenitale. Esso è formato da tre stelle brillanti: Vega, nella costellazione della Lira, Altair nell’Aquila e Deneb nel Cigno, in ordine decrescente di luminosità apparente. Naturalmente la luminosità apparente non ci dice quale fra le tre stelle sia la più luminosa intrinsecamente, bisogna conoscere anche la distanza. La distanza di Altair e Vega è ben nota, essendo queste due stelle relativamente vicine: rispettivamente 17 e 25 anni luce. Si può quindi calcolare che esse sono entrambe due stelle nane più grandi e brillanti del Sole, che emettono rispettivamente 11 e 40 volte più luce del nostro luminare diurno. Deneb è molto più lontana, così lontana che le misure di distanza di questa stella sono difficili e abbastanza incerte. Uno dei valori più attendibili pubblicati ad oggi dice che Deneb si trova a 2.600 anni luce, e ne risulterebbe che questa stella eccezionale è una supergigante bianco-azzurra 200 volte più grande e 200.000 volte più luminosa del Sole. Per luminosità apparente essa appare al 19° posto in cielo, ma tra le 20 stelle apparentemente più luminose del cielo notturno essa è in assoluto la più lontana nonché quella intrinsecamente più luminosa.
Le tre costellazioni cui appartengono queste tre stelle sono ricche di storia. Secondo la mitologia greca, la Lira rappresenta lo strumento musicale suonato da Orfeo, cantore e musico sublime capace di incantare uomini e animali. Sfortunatamente Orfeo perse la moglie Euridice, che fu morsa e uccisa da un serpente. Allora, inconsolabile, si recò nel regno dei morti – che i Greci immaginavano essere sottoterra – per ritrovarla. Raggiunti Ade, il dio di questo regno, e la moglie Persefone, li commosse suonando la lira e cantando il suo dolore per la perdita della moglie, al punto che essi permisero a Euridice di tornare nel mondo dei vivi. A un patto, però: che Orfeo si incamminasse davanti a lei, e non si voltasse mai a guardarla fino a che non fossero uscito dal regno dei morti. Orfeo ebbe cura di rispettare questo divieto ma, appena uscito dalla porta di tale regno, si voltò a guardare Euridice, senza pensare che ella, trovandosi un po’ indietro, non l’aveva ancora varcata. E così Euridice dovette ritornare indietro ed Orfeo la perse di nuovo. Come tutti i miti, anche questo ha dei significati, e forse il più ovvio è l’invito a non guardarsi troppo indietro, ma a guardare avanti. Il passato vive dentro di noi e a volte è nostalgico e struggente, ma non può più essere cambiato, mentre il futuro è ancora tutto da scrivere.
Il Cigno rappresenta invece l’animale in cui si trasformò Zeus per sedurre Leda, dall’unione con la quale nacque Polluce. Quella stessa notte, però, Leda si congiunse anche al marito Tindaro, e da questa unione nacque Castore. Polluce e Castore sono rappresentati nella costellazione dei Gemelli, invisibile in cielo in questo periodo. Secondo un’altra interpretazione, il Cigno rappresenterebbe invece Orfeo stesso, posto in cielo vicino alla sua amata Lira.
L’Aquila invece identifica l’animale simbolo di Zeus, che portava e riportava al dio il fulmine che egli scagliava. L’aquila rapì anche Ganimede, descritto da Omero come il più bello degli uomini, per trasportarlo sul Monte Olimpo ove divenne il coppiere degli dei, e a Ganimede è dedicata la vicina costellazione dell’Acquario.
Agosto è anche il mese in cui l’estate diviene matura e comincia a declinare, e ce lo ricordano le costellazioni autunnali, che si affacciano dall’orizzonte già dalle ore serali. Pegaso, Andromeda e Perseo ci ricordano che il cambio di stagione non è lontano. Quando, vero fine mese, le costellazioni della nuova stagione si mostreranno sempre più alte in cielo, alcuni penseranno con nostalgia all’estate che se ne va, altri con piacere all’autunno che si avvicina. Se volete sapere a quale fazione appartengo io, non vi resta che leggere, tra un mese, l’incipit del cielo di settembre, per vedere se comincerà con parole venate di malinconia o letizia.

LA STELLA DEL MESE: ALBIREO

Albire_APOD_NASAAlbireo. Credits APOD-NASA

I colori delle stelle, poco o per nulla visibili a occhio nudo, sono assai meglio visibili al telescopio, e danno il meglio di sé quando una stella blu e una rossastra sono vicine e il contrasto cromatico rinforza la percezione del colore di entrambe. Per questa ragione Albireo, una doppia costituita da due componenti facilmente separabili di colore arancione e blu, è considerata una delle più belle doppie del cielo, se non la più bella in assoluto. Albireo si trova più o meno al centro del Triangolo Estivo e rappresenta la testa del Cigno. Delle cinque stelle che delineano in cielo la forma di croce che ha meritato a questa costellazione l’appellativo di “Croce del Nord”, è la meno brillante, assestandosi intorno alla magnitudine 3.
Ma Albireo è una doppia fisica – ovvero reale, con le due stelle che si trovano alla stessa distanza da noi e sono legate dalla forza di gravità – oppure ottica – ovvero prospettica, con le due stelle a distanza diverse da noi e distanti tra loro – senza alcun legame gravitazionale che le unisca? La cosa è dibattuta da sempre e chiunque ami questa stella tifa per la prima soluzione, la doppia fisica. Le misure di distanza ottenute dal satellite Hipparcos suggeriscono però che le due componenti si trovino l’una a 434 e l’altra a 401 anni luce da noi, quindi separate da una trentina di anni luce e non legate tra loro. Una doppia ottica, insomma. Le misure del satellite Gaia sembrano confermare questa natura e anzi separano ulteriormente le due componenti, ponendone una a 330 e l’altra a 390 anni luce circa. Inoltre, le misure sui moti propri delle stelle hanno rivelato che sono diversi, rinforzando tale ipotesi. Si tratterebbe di una doppia ottica, quindi, anche se resta probabile che le due stelle abbiano un’origine comune, ovvero siano membri di un ammasso o un’associazione stellare in via di dispersione.
Peccato. Anche se non è una doppia fisica, rimane bellissima da guardare al telescopio. Ma non è detta proprio l’ultima parola. Le misure hanno delle incertezze, e il satellite Gaia, pur essendo precisissimo, è stato pensato per misurare la posizione di stelle più deboli: la componente più brillante del sistema di Albireo è oltre 20 volte più luminosa della luminosità limite per cui Gaia è stato tarato. Come dire: l’immagine è saturata, e la precisione delle misure ne risente. Inoltre, tale componente è a sua volta doppia (vedi sotto) e questo può avere complicato ulteriormente le cose. In definitiva, dati i margini di errore, che sono piuttosto ampi, c’è chi sostiene che l’ipotesi della doppia fisica non possa essere esclusa. Se fosse vera, il periodo orbitale è stato calcolato in almeno 75.000 anni.
Tiriamo le somme: nell’anno di grazia 2020, con i potenti mezzi che gli astronomi hanno a disposizione, tra cui satelliti – prima Hipparcos negli anni ’90 e poi Gaia in anni recentissimi – capaci di spaccare un capello in quattro, dopo osservazioni, misure, calcoli, nuove osservazioni, nuove misure, nuovi calcoli, discussioni, revisioni, ponderazioni e profonde riflessioni, la risposta è che … non si sa. Più probabilmente si tratta di una doppia ottica, ma non è del tutto certo.
In ogni caso, la componente meno brillante è una stella blu di sequenza principale, 230 volte più luminosa del Sole, mentre la componente più brillante è una gigante arancione circa 1.200 volte più luminosa del Sole e 70 volte più grande, ed è doppia (questa volta certamente fisica) a sua volta, con una più calda, ma meno luminosa compagna di sequenza principale e di colore blu, con periodo orbitale di circa 200 anni.

Note sull’Autore
Davide Cenadelli, PhD, è ricercatore all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA) dove si occupa, tra le altre cose, di didattica e divulgazione. All’Osservatorio Astronomico, nel corso di serate prefissate, è possibile partecipare a visite guidate notturne durante le quali, in caso di bel tempo, è possibile osservare, sotto la guida di Davide o colleghi, il cielo a occhio nudo e col telescopio, compresi alcuni degli oggetti sopra menzionati, o altri, a seconda della stagione.
Per informazioni sull’Osservatorio Astronomico e per prenotare una visita guidata diurna o notturna: http://www.oavda.it

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