Una piccola meteorite marziana arrivata sulla Terra nell’autunno del 1815 potrebbe ora costringerci a riscrivere la storia del pianeta rosso.
Meteorite marziano Chassigny. Image credit: Wikipedia.
Nel giorno dell’anniversario del devastante evento di Tunguska, verificatosi il 30 giugno 1908, potrebbe risultare angosciante parlare di asteroidi e meteoriti, ma per fortuna a volte i “messaggeri cosmici” portano sorprendenti novità. È proprio ciò che ha fatto Chassigny, un piccolo meteorite proveniente da Marte e caduto sulla Terra il 3 ottobre 1815 in una regione del nord est della Francia. Portava con sé un messaggio molto importante e complesso, al punto tale che ci sono voluti più di duecento anni per decifrarlo. Quella roccia di soli quattro chilogrammi totali di peso sembra ora imporci di rivedere le nostre teorie sulla formazione dei pianeti rocciosi. Sandrine Péron e Sujoy Mukhopadhya, ricercatori in geochimica presso l’Università della California a Davis, hanno recentemente pubblicato sulla rivista “Science” uno studio che mette proprio in discussione il processo di acquisizione di elementi volatili come l’idrogeno, il carbonio e l’ossigeno da parte dei pianeti rocciosi in formazione.
La teoria più accreditata prevede che inizialmente sia la nebulosa primordiale – quella solare, nel nostro caso – a fornire questi elementi al pianeta che, essendo una roccia sostanzialmente fusa in questa fase, li custodisce all’interno del suo magma. Successivamente, durante i processi di raffreddamento, gli elementi volatili degassano e vengono riversati nell’eventuale atmosfera del pianeta. In verità, gli elementi volatili possono anche essere portati in un secondo momento sul pianeta da meteoriti condritiche che impattano sulla sua superfice, liberando questi elementi in atmosfera. Se questo è ciò che avviene, l’analisi isotopica di alcuni elementi volatili rinvenuti in campioni di roccia prelevati dall’interno del pianeta dovrebbe mostrare una somiglianza con la “firma isotopica” tipica della nebulosa solare, mentre se si analizzano gli isotopi degli elementi volatili presenti nell’atmosfera di un pianeta si dovrebbe capire che arrivano da meteoriti condritiche. Sembra però che Marte abbia scelto un’altra strada.
Conducendo sofisticate analisi sugli isotopi del krypton contenuti nella meteorite Chassigny, che proviene dall’interno del pianeta rosso, Péron e Mukhopadhya hanno infatti scoperto che le “impronte digitali” isotopiche di questi elementi sono esattamente quelle rinvenibili nelle meteoriti condritiche e non nella nebulosa solare. Marte ha quindi invertito l’usuale procedura: si è fatto “spedire” gli elementi volatili dalle meteoriti condritiche prima di “darsi da fare” per prelevarli da solo dalla nebulosa solare. Questo potrebbe significare che l’atmosfera di Marte si sia originata, dopo il raffreddamento del pianeta, dalla nebulosa solare e non sia quindi il risultato del degassamento del suo mantello, altrimenti si dovrebbero trovare in atmosfera anche elementi volatili di origine condritica.
Questi meteoriti non smettono mai di stupirci! Continuate a seguirci e… ne avrete la prova!