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Il killer dei dinosauri ora ha un volto grazie al rutenio

Un nuovo e recente studio aggiunge fondamentali informazioni per completare l’identikit dell’asteroide che 66 milioni di anni fa spazzò via i dinosauri.

di Andrea Castelli

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Rappresentazione artistica dell’impatto di un grosso asteroide sulla Terra. Credit: nhm.ac.uk.

Il caso di “omicidio spaziale” più lungo della storia ha fatto un altro passo avanti verso la sua definitiva archiviazione. Un recentissimo studio pubblicato sulla rivista “Science” ha aggiunto un tassello importante alla letteratura scientifica precedentemente disponibile sull’argomento che ci permette ora di risalire con buona precisione alla tipologia e alla provenienza del celebre “impattore di Chicxulub”, meglio noto come il “killer” dei dinosauri, ovvero il corpo celeste che 66 milioni di anni fa, al confine tra il Cretaceo e il Paleogene, colpì il nostro pianeta nella zona dell’attuale penisola messicana dello Yucatán, provocando l’innesco di una catastrofica serie di eventi che portarono all’estinzione dei dinosauri non aviani e di oltre il 70% delle specie viventi. La storia che portò all’individuazione del principale indiziato ebbe inizio nel 1980, quando un gruppo di scienziati guidati dagli Álvarez (padre e figlio) riscontrò un’elevata concentrazione di iridio – elemento molto raro sulla superficie terrestre – in corrispondenza degli strati geologici risalenti proprio a 66 milioni di anni fa; il gruppo avanzò così l’ipotesi che il responsabile dell’ultima estinzione di massa avvenuta sul nostro pianeta potesse essere un grosso oggetto spaziale (asteroide o cometa) e non, come creduto in precedenza, una violenta eruzione vulcanica o un qualsiasi altro evento terrestre. L’ipotesi degli Álvarez divenne poi praticamente una certezza negli anni ’90, quando venne scoperto il cratere di Chicxulub, all’interno del quale fu trovata quella stessa polvere di asteroide ricca di iridio rinvenuta in più zone del mondo.
Fu però necessario attendere altri quarant’anni per giungere a un identikit più preciso del killer, datato 2021, che consentì agli studiosi di identificare con un buon grado di certezza un asteroide di circa 10 Km di diametro – e non quindi una cometa – come colpevole della tragedia. Per quanto riguarda invece la dinamica del disastro, i modelli teorici e le simulazioni suggeriscono che all’impatto l’asteroide e grandi quantità di roccia terrestre si siano vaporizzate e imponenti tsunami alti centinaia di metri abbiano flagellato le terre emerse, mentre finissime particelle di polvere si diffondevano nella stratosfera andando progressivamente a oscurare per lungo tempo il Sole. Lo scenario apocalittico che si delineò, noto col nome di “inverno da impatto”, portò a cambiamenti drammatici nelle condizioni di vita sul pianeta, poiché l’attività fotosintetica delle piante si bloccò per diversi anni. Le particelle di polvere rilasciate dall’impatto formarono poi uno strato di sedimenti su tutto il globo contenente alte concentrazioni di metalli provenienti dall’asteroide, altrimenti rari da rinvenire sulla crosta terrestre. La natura del killer o, se vogliamo, dell’arma del delitto e della dinamica della catastrofe furono così rivelate, ma mancavano ancora molte informazioni per completare il quadro e archiviare il caso; a fornirne alcune preziose è stato proprio lo studio appena uscito su “Science”.
Un team di geologi dell’Università di Colonia è giunto alla conclusione che l’asteroide si è formato durante le fasi iniziali della nascita del sistema solare. I ricercatori hanno misurato la quantità di isotopi (atomi con il medesimo numero di protoni, ma diverso numero di neutroni) del rutenio – un metallo appartenente al gruppo del platino, non raro sugli asteroidi ma estremamente raro sulla Terra – analizzandone i depositi presenti in più strati geologici corrispondenti all’età dell’impatto di Chicxulub; confrontandone poi i livelli con quelli rinvenuti in diversi tipi di meteoriti, sono così giunti alla conclusione che il rutenio studiato proveniva proprio dall’asteroide che ha provocato l’estinzione dei dinosauri. Gli isotopi di rutenio possono essere utilizzati per distinguere tra i due gruppi principali di classificazione degli asteroidi: quelli di tipo C, o carboniosi, originatisi nel sistema solare esterno e quelli di tipo S, composti da silicati, provenienti invece dal sistema solare interno. Gli scienziati hanno così scoperto che l’asteroide di Chicxulub era di tipo C e quindi proveniva originariamente dal sistema solare esterno, da fredde e remote zone situate oltre l’orbita di Giove. A darne notizia è il dr. Mario Fischer-Gödde, primo autore dello studio: “La composizione del corpo celeste è coerente con quella degli asteroidi carboniosi […]. Queste informazioni potrebbero inoltre rivelarsi utili per valutare minacce future o per determinare come l’acqua sia arrivata sul nostro pianeta”. Oggi perciò sappiamo che le comete possono essere scagionate dall’accusa e che l’asteroide che ha ucciso i dinosauri era molto probabilmente una condrite carbonacea, un’antica roccia spaziale contenente composti organici basati sul carbonio che è stata spinta verso la Terra da collisioni con altre rocce spaziali e da influenze gravitazionali esercitate dai corpi principali del sistema solare esterno. Colpevole identificato e sentenza espressa: omicidio colposo con movente ignoto; caso (forse) definitivamente archiviato.

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