Le costellazioni che hanno dominato l’inverno ormai lasciano il posto a quelle primaverili, in un cielo ricco di galassie.
di Davide Cenadelli
In maggio due grandi costellazioni primaverili dominano la scena: Boote e la Vergine. La prima, già alta dopo il tramonto, si avvicina alle regioni zenitali nella tarda serata. Boote è un termine di origine greca che significa Bifolco o Pastore, ed è facile trovarla: la sua stella più brillante è Arturo, che è anche la più brillante in assoluto dell’emisfero celeste boreale e quarta più brillante del cielo. Arturo si trova dietro la coda dell’Orsa Maggiore, sul prolungamento della curvatura suggerita dalle tre stelle del timone del Grande Carro, che delineano appunto la coda del plantigrado celeste. Il nome Arturo è la versione italiana del nome tradizionale di questa stella, Arcturus, che deriva dal greco antico Ἀρκτοῦρος, a significare “il guardiano dell’orsa”, data la sua vicinanza all’Orsa Maggiore.
Se Arturo è la stella più luminosa dell’emisfero boreale, la seconda è Vega, una stella estiva, e la terza Capella, una stella invernale. Vega e Capella hanno una declinazione molto boreale (ovvero sono molto a nord dell’equatore celeste e Capella è addirittura circumpolare dalle regioni italiane più settentrionali), cosicché nelle serate di maggio, pur non essendo stelle “di stagione”, si riesce comunque a vederle basse sull’orizzonte: Capella a nordovest e Vega a nordest, con Arturo altissima verso sud. È questo il migliore periodo dell’anno per vedere contemporaneamente le tre stelle più brillanti dell’emisfero boreale.
A sudovest di Boote, più bassa verso sud e ben visibile nella prima parte della notte, si trova la costellazione della Vergine. Nella Vergine i Greci identificavano Demetra, dea delle messi e della fertilità della Terra (per i Romani corrisponde a Cerere). La stella più luminosa della costellazione si chiama Spica, dal latino Spica Virginis, nel senso di spiga di grano della Vergine (il nome in italiano diviene Spiga). Secondo il mito greco, Demetra aveva una figlia, Persefone, che fu rapita da Ade, fratello di Zeus e dio dell’oltretomba greco, che portò Persefone nel suo regno sotterraneo. Demetra, non trovando più la figlia, si infuriò, e per la rabbia decise che la terra non avrebbe dato più frutti. Allora gli uomini, che rischiavano di morire di fame, pregarono Zeus di intervenire, e il re degli dei si recò da Ade chiedendogli di liberare Persefone. Quest’ultima, però, nel regno di Ade aveva mangiato sei semi di melograno, e le leggi del Fato stabilivano che per ogni seme bisognasse passarvi un mese all’anno, quindi Persefone dovette stare sei mesi all’anno con Ade, mentre gli altri sei poté tornare sulla terra. Allora Demetra decise che la terra avrebbe dato frutto solo in quei mesi, e sarebbe inaridita negli altri. Facile capire di quali mesi si tratti: quelli in cui Persefone è sulla terra sono la primavera e l’estate, mentre l’autunno e l’inverno sono quelli in cui deve tornare nel regno sotterraneo di Ade.
Non è strano trovare un mito di questo tipo legato a una costellazione primaverile. Dobbiamo pensare quale posto potesse occupare la primavera nell’immaginario di un uomo antico, appartenente a una società agricola, che nella bontà dei raccolti vedeva il viatico a una stagione di prosperità. Perlopiù, in epoca greco-romana, a causa del movimento di precessione degli equinozi, la Vergine si mostrava circa un mese prima di quanto faccia oggi, risultando ben visibile di sera già all’inizio della primavera ed annunziando questo fondamentale tempo del ciclo annuale. Lo stesso può dirsi per altri periodi topici dell’anno agricolo, come la vendemmia. Nella Vergine c’è una anche stella una chiamata Vindematrix, che duemila anni fa sorgeva prima del Sole tra fine estate e inizio autunno (oggi circa un mese dopo), annunziando il tempo della vendemmia.
Dal punto di vista astronomico, il cielo primaverile è ricchissimo di galassie. In particolare, proprio nella costellazione della Vergine si proietta prospetticamente il centro dell’Ammasso di Galassie della Vergine, posto a 54 milioni di anni luce da noi. Questo ammasso comprende tra mille e duemila galassie, ed è la struttura più importante all’interno del Superammasso della Vergine cui appartiene anche il Gruppo Locale, il gruppo di galassie che comprende anche la nostra. La gravità esercitata dall’Ammasso della Vergine attira a sé il Gruppo Locale, così che, quando nelle sere di primavera guardiamo le stelle della Vergine, sappiamo che molto al di là di esse, oltre spazi sterminati, questa enorme struttura regna sulla nostra porzione di universo. E c’è di più: il Superammasso della Vergine è a sua volta parte di un superammasso ancora più grande, che si chiama Laniakea, comprendente centomila galassie ed esteso per mezzo miliardo di anni luce, e al cui centro gravitazionale si trova una enorme e misteriosa concentrazione di massa chiamata Grande Attrattore.
Quanta strada ha fatto la conoscenza scientifica dall’antichità! Eppure, sia cha ripensiamo al mito di Demetra, che all’Ammasso della Vergine o al Grande Attrattore, è così diverso il senso di meraviglia che proviamo?
Per quanto riguarda i principali pianeti, la loro visibilità in maggio resta problematica e confinata alle ore antelucane, anche se Marte, Giove e Saturno lentamente si allontanano prospetticamente dal Sole e nei prossimi mesi si renderanno visibili ad orari più comodi.
A metà maggio si verificherà un’eclisse di Luna, purtroppo visibile solo in parte dall’Italia. A partire dalle 4.30 del mattino di lunedì 16, la Luna farà ingresso nel
cono d’ombra proiettato dalla Terra nello spazio. Alle 5.30 circa inizierà la fase di
totalità, ma la Luna a quell’ora si troverà a un’altezza di pochissimi gradi sull’orizzonte sud ovest.
LA STELLA DEL MESE: GEMMA
Che cosa accomuna Vega, uno delle stelle più brillanti del cielo, Gemma, la nostra “stella del mese” nella costellazione della Corona Boreale, e Merak, Phecda, Megrez, Alioth e Mizar, cinque delle sette stelle del Grande Carro? Sono tutte stelle di classe spettrale A, ovvero di colore bianco-azzurrino, grandi qualche volta il Sole e alcune decine di volte più brillanti: la più grande e luminosa è Alioth (4 raggi e 100 luminosità solari), la più piccola e debole è Megrez (1,4 raggi e 14 luminosità solari), tutte le altre stanno in mezzo.
Se Vega appare molto più brillante, è perché è molto più vicina, 25 contro gli 80 anni luce circa di tutte le altre. In effetti le cinque stelle del Grande Carro menzionate e Gemma – che in cielo appare non lontanissima da esse – fanno parte di un medesimo ammasso in disfacimento, nato 300 milioni di anni fa e oggi noto come Associazione dell’Orsa Maggiore, con Gemma che si è un po’ più distaccata dalle cinque sorelle, così come la stella Menkalinan, nella costellazione dell’Auriga.
Gemma, di magnitudine apparente 2,2, è posta a 75 anni luce da noi, il triplo di Vega, ed è in realtà una stella doppia, avente come componente principale una nana di classe A, 3 volte più grande e 75 volte più luminosa del Sole, e come secondaria una nana di classe G molto simile al Sole, di cui è leggermente più piccola e meno luminosa. Le due costituiscono una binaria ad eclisse, con variazione di luminosità molto modesta, di circa un decimo di magnitudine. Intorno alla componente principale è stato rilevato un eccesso di emissione infrarossa che fa pensare a un disco circumstellare e a un possibile sistema planetario, già formato o in formazione, proprio come avviene per Vega. Insomma, Gemma è molto simile a Vega, ma tre volte più lontana, e il fatto che le due stelle in primavera ed estate siano entrambe ben visibili le rende una coppia ideale per introdurre i concetti di luminosità apparente e assoluta.
Gemma deve il suo nome al fatto di essere la stella più luminosa della Corona Boreale, la corona di gemme che Dioniso donò ad Arianna dopo che Teseo l’ebbe abbandonata sull’isola di Nasso, e che Efesto lanciò in cielo trasformandola in costellazione. La si individua lungo la congiungente tra Arturo e Vega, a circa un terzo di distanza dalla prima e due terzi dalla seconda. Il nome ufficiale della stella, stabilito pochi anni fa dall’Unione Astronomica Internazionale, in realtà è Alphecca, il nome tradizionale arabo, pure molto bello, ma voi lascerete che io continui a chiamarla Gemma, perché così l’ho indicata in cielo a migliaia di persone nel corso degli anni!
Note sull’Autore
Davide Cenadelli, PhD, è ricercatore all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA) dove si occupa, tra le altre cose, di didattica e divulgazione. All’Osservatorio Astronomico, nel corso di serate prefissate, è possibile partecipare a visite guidate notturne durante le quali, in caso di bel tempo, è possibile osservare, sotto la guida di Davide o colleghi, il cielo a occhio nudo e col telescopio, compresi alcuni degli oggetti sopra menzionati, o altri, a seconda della stagione.
Per informazioni sull’Osservatorio Astronomico e per prenotare una visita guidata diurna o notturna: http://www.oavda.it