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APOLLO 8: dalla Terra alla Luna, quando la fantascienza diventa realtà

Il 21 dicembre 1968, a pochi giorni dal Natale, sulla cima del Saturno V l’equipaggio dell’Apollo 8 attende di decollare alla volta della Luna. Sarà il primo viaggio dell’uomo verso il satellite naturale della Terra.

di Alessia Cassetti

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Image credit: NASA
Considerato il primo scrittore di fantascienza, Jules Verne (1828-1905) fu uno di quegli uomini capaci di vedere il futuro: grazie all’utilizzo di scienza e immaginazione, porta i suoi lettori in viaggio verso la Luna più di un secolo prima, quando gran parte dei suoi contemporanei lo riteneva un’utopia e del nostro satellite si sapeva ben poco.
Uno dei suoi maggiori successi, “Dalla Terra alla Luna” (1865) e il successivo “Intorno alla Luna” (1869), presenta molte analogie tra la sua opera e la missione Apollo. Inoltre, si racconta che Verne fosse così fiducioso sulle sue predizioni che, poco prima di morire, consegnò il manoscritto al nipote, chiedendogli di conservarlo con cura perché, assistendo al futuro viaggio degli uomini verso la Luna, avrebbe potuto verificare l’esattezza delle sue intuizioni.
In effetti, Verne si avvicinò moltissimo alla modalità della Apollo 8. Nel romanzo, come nella missione, erano tre i componenti dell’equipaggio e la nazione che avrebbe effettuato il primo lancio verso la Luna era quella americana. Anche il sistema di rientro – l’ammaraggio – e addirittura il luogo – l’Oceano Pacifico – furono predetti con straordinaria precisione. Quando gli astronauti della missione Apollo rientrarono sani e salvi sulla Terra, il sogno di Jules Verne e di quanti avevano aspirato alla Luna divenne realtà.
Sono trascorsi ormai 50 anni quando il 21 dicembre 1968 il Saturno V decollò da Cape Kennedy e, bruciando 20 tonnellate di carburante al secondo, portò in pochi minuti gli astronauti dell’Apollo 8 sulla via della Luna.
I tre membri dell’equipaggio erano il comandante Frank Borman, il pilota del modulo lunare William A. Anders e il pilota del modulo di comando James A. Lovell.
Due dei tre astronauti, rispettivamente Borman e Lovell, furono già protagonisti nel 1965 della missione Gemini 7 che stabilì il record di permanenza in orbita attorno alla Terra. Trascorsero insieme 14 giorni in una piccola navicella spaziale per testare la resistenza dei due uomini e per comprendere la fattibilità del futuro viaggio verso Luna. Anders era un ex pilota di caccia della US Air Force. Non aveva volato nello spazio, ma era stato un membro dell’equipaggio di backup per il Gemini 11.
Quando il 24 dicembre raggiunsero il nostro satellite, una volta passati sul lato nascosto della Luna, entrati nel cono d’ombra in cui le comunicazioni con la Terra erano interrotte, i tre furono soli con l’immensità della loro impresa. Gli astronauti furono dunque i primi esseri umani a poter osservare direttamente la “faccia oscura”; immagini fotografiche di questa parte non visibile erano comunque già state scattate in precedenza dalla sonda sovietica Luna 3.
Quello stesso giorno, dalla cabina dell’Apollo 8, man mano che riemergevano dalla parte nascosta della Luna, per la prima volta videro il sorgere della Terra: lo stupore fu così grande che, di fronte a un tale spettacolo, Frank Borman – dopo essere rientrato sulla Terra – descrisse quel momento con le seguenti parole: “Fu l’immagine più bella della mia vita, un torrente di nostalgia ed emozione mi invase, fu come un lampo della creazione, come se vedessi la Terra come l’aveva vista il Creatore”.
Pur non essendo previsto dal protocollo, non resistettero alla tentazione e iniziarono a fotografare la Terra: tanti scatti, tra cui quello che divenne l’immagine iconica di quegli anni, il nostro pianeta blu, immortalato all’orizzonte. L’autore del celebre scatto, Bill Anders, in seguito disse che, nonostante tutta la preparazione per esplorare la Luna, alla fine aveva scoperto la Terra, potendola osservare da una posizione privilegiata a circa 380.000 Km di distanza.
Fu una notte di Natale davvero speciale per i tre astronauti e, poiché la Nasa gli raccomandò di trasmettere un messaggio a tutti coloro che nel mondo li stavano seguendo, decisero di leggere un passo del libro della Genesi in uno scenario che sembrava surreale e aveva un nonché di divino.
Dopo aver completato dieci orbite intorno alla Luna, il motore del modulo di servizio si accese e i tre uomini sulla navicella ripresero la via del ritorno. Il 27 dicembre di 50 anni fa, il modulo di comando ammarò nell’Oceano Pacifico. Apollo 9 e 10 avrebbero fatto gli ultimi test per permettere ad Apollo 11 di atterrare sul nostro satellite e raggiungere così l’obiettivo del presidente americano John F. Kennedy di portare un uomo sulla superficie lunare prima della fine degli anni sessanta.
Questa missione fu una vera e propria pietra miliare: l’Apollo 8 divenne la prima astronave abitata a uscire dall’orbita terrestre, la prima ad avventurarsi nello spazio per molti giorni e lontani dalla Terra, la prima a rientrare sul nostro pianeta alla velocità di circa 40.000 km/h, ma soprattutto la prima a orbitare intorno alla Luna. Fu un’impresa incredibile, piena di rischi e incognite; forse dovrebbe essere ricordata ancor più del successivo sbarco sulla Luna con la missione Apollo 11.

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