Proprio oggi, 29 ottobre 2025, la famosa cometa interstellare 3I/ATLAS passa al perielio e torna a far parlare di sé.

La cometa interstellare 3I/ATLAS ripresa il 21 luglio dal telescopio spaziale Hubble, quando si trovava a 445 milioni di km dalla Terra. Credits: NASA, ESA, David Jewitt (UCLA).
Poco più di tre mesi fa ci eravamo lasciati con una notizia molto interessante: 3I/ATLAS, una cometa proveniente da un altro sistema stellare, stava attraversando il sistema solare. Oggi, il medesimo visitatore degli spazi siderali continua a catturare l’attenzione degli astronomi di tutto il mondo, creando un certo scompiglio nel mondo scientifico. Infatti, l’astrofisico di Harvard Avi Loeb torna a far parlare di sé: come aveva fatto qualche anno fa dopo il passaggio di 1I/’Oumuamua, avanza nuovamente l’ipotesi audace che quell’oggetto possa essere una gigantesca nave aliena. Secondo lui, 3I/ATLAS potrebbe sfruttare l’“effetto Oberth”, un principio fisico che consente a un veicolo spaziale di aumentare molto la propria velocità utilizzando la gravità del Sole, e rilasciare addirittura piccole sonde dirette verso i pianeti. Lo studioso trova sospetto che proprio nel momento del perielio l’oggetto risulti invisibile ai telescopi terrestri, rimanendo “dietro” la nostra stella, come se volesse nascondere le proprie mosse. Gli esperti della NASA ribadiscono invece che si tratta solo di una cometa, anche se piuttosto peculiare. Recentemente, sono infatti state rilevate una serie di caratteristiche uniche di quell’oggetto grazie ai telescopi più potenti a nostra disposizione: da Hubble a James Webb, dal Keck al Neil Gehrels Swift Observatory della NASA.
La prima sorpresa arriva dalle immagini ottenute il 2 agosto di quest’anno con il Telescopio Twin da 2 metri dell’Osservatorio del Teide, alle Canarie. Si tratta di una nuova immagine composita che mostra la cometa mentre emette un getto di gas e polvere rivolto verso il Sole. Dal nucleo, un punto scuro circondato da una chioma luminosa nell’immagine, emerge un getto che si estende per circa 6000 chilometri. Come avviene per le comete del sistema solare, l’aumento delle temperature fa sublimare i ghiacci superficiali, liberando gas come CO₂ e particelle di polvere che alimentano questi getti, mentre la coda rimane orientata in direzione opposta, sospinta dal vento solare. Ma l’attività di 3I/ATLAS non si limita alla spettacolare emissione visibile. Grazie all’osservazione nell’ultravioletto del telescopio Neil Gehrels Swift, gli astronomi hanno rilevato tracce di idrossile (OH), indicatore della presenza di acqua. «Quando rileviamo acqua o anche solo la sua eco UV (l’idrossile) da una cometa interstellare, stiamo leggendo un messaggio proveniente da un altro sistema planetario» spiega Dennis Bodewits, dell’Università di Auburn. A una distanza dal Sole pari a circa tre volte quella della Terra, la cometa mostra un tasso di perdita d’acqua di circa 40 chilogrammi al secondo, insolito rispetto alle comete del sistema solare osservate a simili distanze. Le osservazioni più recenti hanno però rivelato ulteriori peculiarità. I dati raccolti dal telescopio Keck alle Hawaii indicano che 3I/ATLAS è ricca di nichel ma non ha ferro (o, almeno per ora, non è rilevabile), un’anomalia questa rispetto alle comete “nostrane”. Il nichel sembra derivare per dissociazione da composti come il tetracarbonile di nichel, normalmente associato a processi di natura artificiale qui sulla Terra (lavorazioni industriali), mentre l’assenza del ferro resta un mistero. Le misure condotte con il James Webb confermano la ricchezza di CO₂ nella chioma insieme a ghiaccio d’acqua, monossido di carbonio, polveri e molecole azotate come CN (cianuro) e HCN (acido cianidrico), elementi chiave per la chimica prebiotica, disciplina che studia proprio i processi che hanno portato alla formazione delle prime molecole organiche complesse a partire da sostanze inorganiche. Queste scoperte offrono una finestra unica sulla formazione dei corpi ghiacciati in sistemi stellari diversi dal nostro. «Ogni cometa interstellare finora è stata una sorpresa», osserva Zexi Xing, autore di uno studio su The Astrophysical Journal Letters. «‘Oumuamua era secca, Borisov era ricca di monossido di carbonio e ora Atlas sta rilasciando acqua a una distanza che non ci aspettavamo. Ognuna di esse ci insegna qualcosa di nuovo su come si formano i pianeti e le comete attorno alle stelle».
3I/ATLAS, con un diametro probabilmente dell’ordine di un chilometro o forse meno, viaggia a circa 220.000 km/h e si trova attualmente in congiunzione col Sole, posizione che la rende invisibile dalla Terra. Il perielio, il punto di massimo avvicinamento al Sole, è previsto per oggi 29 ottobre a 203 milioni di chilometri, mentre il massimo avvicinamento al nostro pianeta avverrà il 19 dicembre prossimo a 270 milioni di chilometri, quando l’oggetto raggiungerà magnitudine di circa 14 e sarà quindi osservabile solo con telescopi di buona apertura. Osservare 3I/ATLAS quando è vicina alla Terra significa avere una rara opportunità di studiare chimica, dinamica e struttura di un corpo celeste che ha viaggiato per milioni di anni attraverso la Via Lattea. Non sarà necessario attivare protocolli di difesa planetaria, come invece si legge in rete in queste ultime ore, dal momento che non ci sarà alcun rischio di collisione con il nostro pianeta.
Le differenze rispetto alle comete del sistema solare indicano che i processi di formazione dei planetesimi, i corpi progenitori dei pianeti veri e propri, possono variare significativamente tra loro. Allo stesso tempo, la presenza di molecole come l’acqua e l’HCN suggerisce che gli ingredienti della chimica della vita non sono prerogativa del nostro pianeta. Questa cometa interstellare è un messaggero cosmico capace di raccontare la diversità dei mondi lontani e di sfidare le nostre conoscenze sulla formazione di pianeti e comete.

