Il 3 ottobre 2023 Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier sono stati insigniti del Premio Nobel per la fisica per essere riusciti a generare impulsi di luce ad attosecondi, i segnali più brevi mai prodotti. Proviamo insieme ad andare alla scoperta di storia e curiosità di questo ambito riconoscimento.
La faccia anteriore della medaglia del Premio Nobel.
Se vinco il Nobel, tutti i soldi li do a te. Questo è quanto promise Albert Einstein alla (prima) moglie Mileva Marič per convincerla definitivamente a divorziare. Ma a quanto ammonta la vincita del famigerato premio Nobel? E come si arriva a conquistare quello che da tutti è considerato uno dei massimi riconoscimenti che si possano ricevere?
Il 27 novembre 1895, un anno prima della sua morte, l’inventore della dinamite Alfred Nobel firmò il famoso testamento che avrebbe attuato alcuni degli obiettivi a cui aveva dedicato gran parte della sua vita. In quel documento Nobel stabilì che la quota più consistente del suo patrimonio, più di 31 milioni di corone svedesi (oggi circa 1.794 milioni di corone svedesi), dovesse essere convertito in un fondo e investito in “titoli sicuri”. I proventi degli investimenti dovevano essere distribuiti annualmente, sotto forma di premi, a coloro che durante l’anno precedente avevano apportato grandi benefici all’umanità. Quando Einstein ricevette l’ambito riconoscimento per la fisica nel 1922 (riferito però all’anno 1921), la somma ammontava a poco più di 121 500 corone svedesi. Per il 2023, l’importo è stato fissato a 11 milioni di corone svedesi per ogni premio Nobel intero. A volte però non c’è un unico beneficiario di questa imponente fortuna.
I premi Nobel furono assegnati per la prima volta il 10 dicembre 1901 e, da allora, per la fisica se ne contano 117 così suddivisi: 47 a un unico vincitore, 32 condivisi tra due vincitori e 38 tra tre vincitori. Nello statuto della Fondazione Nobel si legge infatti: “l’importo del premio può essere equamente diviso tra due opere, ciascuna delle quali è considerata meritevole […]. Se l’opera premiata è stata realizzata da due o tre persone, il premio verrà assegnato loro congiuntamente. In nessun caso l’importo del premio potrà essere diviso tra più di tre persone”. Fino a oggi, 225 persone sono state insignite del premio Nobel per la fisica. In realtà sarebbero 224, poiché John Bardeen lo vinse due volte, nel 1956 e nel 1972. Altre personalità ricevettero due Nobel, ma in discipline diverse. Ad esempio, Marie Curie ne conquistò uno per la fisica nel 1903 e uno per la chimica nel 1911. Infatti, cinque di quelle 224 persone sono donne; oltre alla Curie, lo vinsero anche Maria Goeppert-Mayer (1963), Donna Strickland (2018), Andrea Ghez (2020) e Anne L’Huillier proprio quest’anno. Altra curiosità è che, nel 1903, Marie Curie si trovò a condividere il premio per la fisica con il marito Pierre Curie (non però quello del 1911 per la chimica) e la medesima sorte capitò a una delle figlie di Marie e Pierre, Irène Joliot-Curie, che vinse il Nobel per la chimica nel 1935 insieme al marito Frédéric Joliot. Non solo coppie sposate condivisero l’ambito riconoscimento, ma anche coppie padre-figlio, come infatti capitò nel 1915 a William e Lawrence Bragg. Altri figli poi vinsero il Nobel proprio come i loro padri, ma in anni diversi: Aage N. Bohr nel 1975 e suo padre Niels nel 1922, Kai M. Siegbahn nel 1981 e il padre Manne nel 1924, George Paget Thomson nel 1937 e suo padre JJ Thomson nel 1906. Lawrence Bragg detiene anche un altro record: a soli 25 anni fu il più giovane, fino a oggi, a ricevere il Nobel per la fisica. Il più anziano fu invece Arthur Ashkin, premiato nel 2018 a ben 96 anni d’età. Non ci sono stati però premi Nobel postumi per la fisica. Dal 1974 infatti, gli Statuti della Fondazione Nobel stabiliscono che il premio non può essere assegnato postumo, a meno che la morte non sia avvenuta dopo l’annuncio della vincita. Prima di quell’anno, il premio Nobel fu invece assegnato postumo due volte: a Dag Hammarskjöld per la pace nel 1961 e a Erik Axel Karlfeldt per la letteratura nel 1931.
C’è anche da dire che a volte i premi non sono stati conferiti, come capitò negli anni 1916, 1931, 1934, 1940, 1941 e 1942. È proprio lo statuto della Fondazione a prevedere questa eventualità: “se nessuna delle opere in esame risulta essere d’importanza [adeguata, ndr], il premio in denaro sarà riservato fino all’anno successivo. Qualora non venisse assegnato nemmeno in questo caso, l’importo verrà aggiunto ai fondi vincolati della Fondazione”.
Alla cerimonia di assegnazione del Nobel che si tiene il 10 dicembre i vincitori ricevono tre cose: un diploma, una medaglia e un documento che riporta la somma in denaro vinta. Ogni diploma è un’opera d’arte unica, creata dai più importanti artisti e calligrafi svedesi e norvegesi. Le medaglie sono realizzate a mano in oro 18 carati e quella del premio per la fisica è stata disegnata dallo scultore e incisore svedese Erik Lindberg. Sulla faccia anteriore trova posto il ritratto di Alfred Nobel accompagnato dalle sue date di nascita e di morte, mentre sul retro c’è una raffigurazione della Natura sotto forma di una dea, somigliante a Iside, che emerge dalle nuvole e tiene tra le braccia una cornucopia. Il velo che le copre il volto austero è sorretto dal Genio della Scienza. Sempre sul retro, compare questa iscrizione: Inventas vitam iuvat excoluisse per artes (Cerchiamo di migliorare la vita attraverso le arti), motto coniato prendendo spunto da un verso del sesto libro dell’Eneide di Virgilio. In un riquadro posto alla base della raffigurazione sono infine incisi il nome del vincitore e l’anno di assegnazione.
I laureati premi Nobel devono quindi aver apportato grandi benefici all’umanità grazie alle loro scoperte, ricerche o invenzioni. Ma quindi Einstein, esattamente, per cosa lo ricevette? Sarebbe lecito attendersi una motivazione che abbia a che fare con la relatività generale o quella speciale, ma non fu così. Già nel rapporto del 1920 redatto da Svante Arrhenius, presidente del comitato scientifico, i dati dell’eclissi del 1919 che contribuirono alla prima conferma sperimentale della teoria generale furono definiti ambigui e la ferma critica di Philipp Lenard nei confronti del capolavoro di Einstein fece sì che il premio di quell’anno venisse assegnato al francese Charles Edouard Guillaume. L’anno seguente toccò all’oftalmologo Allvar Gullstrand sminuire la relatività e così – non potendo ignorare la fama mondiale di Einstein e la grande quantità di pareri positivi sui suoi lavori che ne derivò – l’Accademia svedese decise di tenere in sospeso l’assegnazione del Nobel. La relatività costituiva quindi un “terreno minato”; solo grazie a Carl Oseen, nuovo membro del comitato scientifico, la situazione si sbloccò nel 1922, quando questi propose di valutare la scoperta di Einstein dell’effetto fotoelettrico. Incredibile a dirsi, l’escamotage funzionò, anche se Lenard ebbe il coraggio di dissentire inviando una lettera di protesta all’Accademia svedese. L’imbarazzante faccenda si concluse con l’assegnazione a Niels Bohr del premio del 1922 e a Einstein quello del 1921. Dal momento che a dicembre del 1922 si trovava in Giappone, Einstein non ritirò di persona il premio e non tenne nemmeno un discorso di ringraziamento, cosa che si degnò di fare soltanto nel luglio seguente a Göteborg, decidendo sfrontatamente di parlare della relatività e non dell’effetto fotoelettrico. Nel 1905, all’epoca dell’articolo di Einstein sull’effetto fotoelettrico, si riteneva che il processo di emissione di elettroni da parte degli atomi di un metallo investito da radiazione elettromagnetica (effetto fotoelettrico, appunto) fosse praticamente istantaneo e lo stesso Einstein si interrogò sulla durata di tale fenomeno, non riuscendo però a dare una risposta. Oggi, grazie alle ricerche condotte dai vincitori del Nobel per la fisica 2023, sappiamo che il tutto avviene nell’arco di alcuni attosecondi. Corsi e ricorsi della storia… .