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Le stelle nascoste del Planetario

Quando cala il buio, sulla volta stellata del Planetario di Milano non compaiono solo stelle, Luna e pianeti. Molte altre misteriose presenze si nascondono lassù.

di Andrea Castelli

Le stelle nascoste del Planetario ammassi stellari, Associazione LOfficina, astronomia, Civico Planetario Ulrico Hoepli, deep sky, galassie, nebulose, oggetti profondo cielo, Zeiss IV

La macchina planetario Zeiss IV troneggia al centro della grande sala del Civico Planetario “U. Hoepli” di Milano dal 7 dicembre 1968 e, ormai da oltre mezzo secolo, incanta ogni anno migliaia di visitatori. Questo meraviglioso strumento, che molti al primo impatto identificano con un telescopio, è in realtà un proiettore opto-meccanico in grado di riprodurre l’aspetto della volta stellata visibile a occhio nudo. Grazie a questa macchina, la cupola si trasforma in un enorme schermo di proiezione sul quale compaiono stelle, il nostro Sole, la Luna e i pianeti. Questa però è solo una parte della storia: sono infatti pochi a saperlo e ancora meno ad accorgersene, ma altre “misteriose presenze” si nascondono lassù. Su alcune delle lastre annerite posizionate dietro a ognuno dei sedici proiettori delle stelle fisse – alloggiati su ciascuna delle due grosse sfere collocate alle estremità della macchina planetario e corrispondenti ai due emisferi celesti – trovano infatti posto le riproduzioni di venti oggetti del profondo cielo così come si mostrano se osservati a occhio nudo. Sono presenze decisamente elusive dal momento che si tratta di corpi celesti incredibilmente lontani da noi perché non appartenenti al nostro sistema solare – come galassie, ammassi stellari e nebulose – che però ci danno prova della perfezione e del realismo con i quali Zeiss IV ricrea l’aspetto del cielo osservabile senza l’ausilio di strumenti ottici. Immaginiamo ora di essere sotto un cielo perfettamente buio, totalmente privo di inquinamento luminoso e senza la presenza della Luna, per dare la caccia a questi venti misteriosi oggetti.
Uno dei più facili da individuare è certamente M31, la Galassia di Andromeda. Collocata prospetticamente all’interno dell’omonima costellazione, si presenta come un tenue alone piuttosto diffuso che però non mostra alcun dettaglio. È la galassia più grande del Gruppo Locale e l’oggetto più lontano visibile a occhio nudo, trovandosi a ben 2,5 milioni di anni luce da noi. È a tutti gli effetti la nostra “vicina di casa” cosmica: tanto vicina che in un futuro lontano si prevede una collisione, con conseguente fusione, tra lei e la nostra Via Lattea.

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M31 ripresa dall’astrofotografo Adam Evans il 18 settembre 2010 con filtro h-alfa. Image credit: Wikipedia.org_wiki_Galassia_di_Andromeda_media_File_Andromeda_Galaxy_(with_h-alpha).

Nei pressi della costellazione di Andromeda è visibile quella di Perseo, sede di altre tre delle nostre elusive presenze. La più appariscente è costituita dal celebre “doppio ammasso di Perseo”. Si tratta di una coppia di ammassi aperti giovani di età compresa tra 3 e 6 milioni di anni, denominati NGC 884 e NGC 869. Sono entrambi ben visibili ad occhio nudo come una macchia chiara allungata con una strozzatura centrale che conferisce alla coppia la forma di un “8” sdraiato. Sempre nel Perseo, in prossimità della stella Algol (β Persei), si può scorgere a fatica M34, un ammasso aperto a 1.400 anni luce dalla Terra e vecchio 190 milioni di anni costituito da circa 100 stelle, la più brillante delle quali in realtà non appartiene all’ammasso, ma appare collocata al suo interno solamente per un gioco di prospettiva.
Una splendida e comoda visione è invece offerta da M45, il più bello e noto degli ammassi aperti del cielo. Sono le celebri Pleiadi, nella costellazione del Toro. Si tratta di stelle da poco nate (astronomicamente parlando), ancora legate dalla reciproca interazione gravitazionale, che hanno avuto un’origine comune. Il loro destino però, come quello di tutti gli ammassi aperti, sarà quello di dissolversi.
Dunque anche le stelle nascono e, dal momento che sono enormi globi di gas incredibilmente caldo, si formeranno da sterminate distese di gas e polveri, ovvero regioni di formazione stellare. La più vicina al sistema solare, trovandosi a circa 1.270 anni luce, è M42, la Nebulosa di Orione. Sotto un cielo anche non perfettamente buio, appare a occhio nudo come una soffusa protuberanza visibile al di sotto delle tre stelle che formano la cintura del leggendario gigante cacciatore. Zeiss IV mostra anche un’altra regione all’interno della quale sono in corso processi di formazione stellare: M8, la celebre Nebulosa Laguna nella costellazione del Sagittario. In una notte molto limpida è facilmente individuabile come un alone opaco e allungato che si staglia sullo sfondo della Via Lattea.

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M42 ripresa dal telescopio spaziale Hubble. Image credit: Nasa.gov/content/goddard/hubble-s-messier-catalog.

Tornando nei pressi di Orione e del Toro è poi visibile la costellazione zodiacale dei Gemelli. Rappresenta i dioscuri (figli di Zeus) Polluce e Castore e proprio vicino al piede sinistro di quest’ultimo (destro per noi che osserviamo la costellazione) si nasconde il relativamente brillante ammasso aperto M35. Trovandosi molto vicino all’eclittica, resta spesso occultato dalla Luna e dal transito dei pianeti, ma anche in loro assenza è parecchio difficile da vedere se non in condizioni particolarmente favorevoli.
A causa della sua posizione a soli 1,5° sopra l’eclittica, anche M44, l’ammasso aperto dell’Alveare o del Presepe, condivide la medesima sorte di M35. Situato nella costellazione del Cancro, accanto ai Gemelli, questo oggetto si mostra a occhio nudo come una macchia chiara dall’aspetto nebuloso, più facile però da individuare rispetto a M35.
A sud del Cancro, passando “sotto” al Cratere e al Corvo, si snoda l’Idra, la più estesa di tutte le 88 costellazioni del cielo. Nella parte più occidentale di questo disegno celeste, al confine con la costellazione dell’Unicorno, si trova M48. Si tratta di un altro ammasso aperto abbastanza facile da scorgere, dal momento che è relativamente luminoso e occupa una regione di cielo popolata da pochissime stelle. Essere collocato in una porzione di cielo apparentemente deserta o priva di stelle luminose può però risultare anche uno svantaggio. È il caso dell’ammasso aperto NGC 6633 nell’Ofiuco, la tredicesima e dimenticata costellazione dello zodiaco: nessuna stella degna di nota può fornire un utile riferimento per individuarlo. Situato a 1.225 anni luce da noi, all’interno del braccio di Orione (il braccio della Via Lattea al quale appartiene anche il sistema solare), NGC 6633 si presenta a occhio nudo come una debole stellina sfocata. Complice anche il fatto che si tratta di un oggetto piuttosto disperso, sarà possibile apprezzarne la bellezza solo grazie a un telescopio di almeno 10 cm di diametro e usando bassi ingrandimenti. Ancora più disperso è M24, nel Sagittario, al punto tale da venir considerato più propriamente una nube stellare e non un ammasso aperto. Situato in un ricchissimo campo stellare, a occhio nudo si mostra come una macchia chiara che emerge a fatica dallo sfondo della Via Lattea. Questo è dovuto al fatto che, guardando verso il Sagittario, si guarda in direzione del centro galattico, dove la concentrazione delle stelle cresce notevolmente e ostacola l’individuazione di altri oggetti.
Va decisamente meglio se si tenta invece l’osservazione a occhio nudo di M39, un ammasso aperto nel Cigno posizionato nei pressi della luminosa stella Deneb, vicino al confine con l’adiacente e poco appariscente costellazione della Lucertola. In una notte limpida e senza Luna, appare come una macchia chiara piuttosto visibile.
Oltre a una lunga serie di ammassi aperti (ben dieci), Zeiss IV riproduce l’aspetto anche di cinque ammassi globulari, ovvero insiemi sferoidali di stelle che orbitano come un satellite intorno al centro di una galassia. Al contrario degli ammassi aperti, sono in genere composti da centinaia di migliaia di stelle vecchie, le stesse che compongono il nucleo di una galassia a spirale. Uno dei più popolari di questi oggetti è M13, nella costellazione di Ercole. Situato a ben 23.000 anni luce da noi, è l’ammasso globulare più luminoso dell’emisfero boreale. Nonostante tutto, è però un oggetto al limite di visibilità per l’occhio umano, ma già in un piccolo binocolo inizia a mostrare il suo splendore. Un altro bell’esempio di ammasso globulare si trova nella costellazione del Sagittario, regione ricca di oggetti del profondo cielo. M22 a occhio nudo non è altro che una stellina, ma in un binocolo amatoriale appare già come una macchia circolare opaca. Ancora una volta, per poter però risolvere anche solo le componenti più luminose, è necessario l’uso di un telescopio di almeno 12 cm di apertura.

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M13 ripreso dal telescopio spaziale Hubble. Image credit: https://esahubble.org/images/opo0840a/

Per raggiungere con lo sguardo gli altri tre splendidi ammassi globulari che mancano all’appello e scoprire altre meraviglie, dobbiamo spostarci completamente nell’emisfero sud e immergerci nel suo cielo ricco di stelle.
Una volta varcato l’equatore e raggiunta una discreta latitudine Sud, sarà visibile tutta la notte la celebre costellazione della Croce del Sud. Prolungando il braccio maggiore di quest’ultima in direzione della bellissima Piccola Nube di Magellano, a metà strada circa troveremo il polo celeste Sud e avremo ristabilito l’orientamento sotto questo cielo a noi pressoché sconosciuto. SMC (Small Magellanic Cloud, ovvero Piccola Nube di Magellano) è un autentico piacere per gli occhi e la macchina planetario Zeiss IV la riproduce in modo spettacolare e decisamente ben visibile. Si tratta di una galassia nana di forma irregolare, in orbita attorno alla Via Lattea, composta da alcune centinaia di milioni di stelle. E proprio in direzione di SMC sono visibili anche a occhio nudo due degli ammassi globulari dell’emisfero Sud. Si tratta di NGC 104 (47 Tucanae) e di NGC 362. Appartengono entrambi alla Via Lattea, ma per un gioco di prospettiva appaiono collocati in direzione della Piccola Nube di Magellano. L’ultimo degli ammassi globulari mostrati dal planetario è NGC 5139 (ω Centauri), nella costellazione del Centauro. È a tutti gli effetti l’ammasso globulare più luminoso osservabile dalla Terra e il più grande conosciuto nella Via Lattea. Si trova a circa 16.000 anni luce da noi e ha un’età stimata di 12 miliardi di anni, praticamente quasi quella dell’Universo.
Chiude infine la parata dei venti oggetti di profondo cielo mostrati da Zeiss IV quello che forse è il più facilmente visibile in assoluto: LMC (Large Magellanic Cloud, ovvero Grande Nube di Magellano). È un’altra galassia nana, satellite della Via Lattea, composta da circa 20 miliardi di stelle ed è anche la quarta galassia più grande del Gruppo Locale, dopo quella di Andromeda, la nostra e la galassia del Triangolo.
Dite la verità: non pensavate che ci fosse tutto questo brulicare di misteriose presenze lassù sulla cupola, vero?! Se ancora faticate a crederlo, non vi resta che venire a scoprirlo di persona in Planetario per compiere insieme a noi un tour della volta stellata ai limiti dell’occhio umano!

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