Arriva la primavera, le notti si accorciano a dispetto delle giornate che si allungano di quasi un’ora e mezza nel corso del mese.
Di Davide Cenadelli.
In marzo, l’inverno astronomico termina con l’equinozio di primavera il giorno 20. Comincerà allora la primavera astronomica, mentre la cosiddetta primavera meteorologica è già cominciata all’inizio del mese. Il giorno dell’equinozio, il Sole attraversa l’equatore celeste e su tutta la Terra il dì e la notte hanno la stessa durata, 12 ore l’uno. In realtà, a causa degli effetti di rifrazione dell’atmosfera terrestre che permette di vedere il Sole già poco prima che si sia affacciato all’orizzonte all’alba, o dopo che è sparito al tramonto, all’equinozio il dì dura pochissimo in più della notte, e la durata pari per entrambi si verifica qualche giorno prima, nel giorno detto equilux (qualche giorno dopo nel caso dell’equinozio d’autunno in settembre).
In corrispondenza degli equinozi, l’eclittica – ovvero la traiettoria apparente del Sole in cielo dovuta in realtà alla rivoluzione terrestre – ha la massima inclinazione rispetto all’equatore celeste, verso nord all’equinozio di primavera e verso sud a quello d’autunno. Questo significa che in marzo il Sole fa il massimo spostamento verso nord sulla sfera celeste (in settembre verso sud), il che implica che in marzo è massimo l’allungamento delle ore di luce (in settembre la loro diminuzione). Attenzione: non sono massime le ore di luce, questo avviene ai solstizi, ma è massimo il guadagno di ore di luce, ovvero le giornate si allungano più che in qualsiasi altro mese. Poi, in aprile e maggio e in giugno fino al solstizio continueranno ad allungarsi, ma sempre più lentamente. A questo aggiungiamo che nella notte tra sabato 27 e domenica 28 marzo entrerà in vigore l’ora legale, che ci farà guadagnare ex abrupto un’ora di luce in più la sera (perdendola al mattino).
Mi sembra di percepire il piacere di molti lettori a questa notizia. Si guadagnerà molta luce, arriveranno i primi tepori e fioriranno gli alberi. OK, le fioriture sono belle, ma per il resto – ahimè – non condivido questo piacere. Amo i tramonti precoci e il buio della notte … ne riparliamo in settembre.
In cielo, nelle prime ore della notte si vedono ancora bene le costellazioni invernali, che culminano intorno all’ora di cena. Marzo è pertanto un mese molto favorevole per vederle, in quanto sono alte col primo buio, in orari molto comodi per le osservazioni. In particolare, oltre alle costellazioni ricchissime di stelle brillanti di cui abbiamo parlato nei mesi scorsi, in serata si vede il Cancro che, pur privo di stelle luminose, mostra un fiocchetto di luce già visibile a occhio nudo, l’ammasso aperto M44, un ammasso di stelle posto a circa 600 anni luce da noi e la cui età è stimata in 600-700 milioni di anni. Se guardiamo verso est, vediamo che il Leone è già sorto e in tarda serata culmina verso sud, e col passare delle ore il Grande Carro dell’Orsa Maggiore si alza sempre più a nordest fino a raggiungere le regioni zenitali intorno alla mezzanotte. Dietro al Carro, ecco apparire, visibile già in tarda serata e via via più alta col passare delle ore, la stella primaverile per antonomasia, Arturo, quarta stella più brillante del cielo e prima dell’emisfero boreale. La primavera comincia a farsi vedere non solo sulla Terra, con i primi profumi e tepori, ma anche in cielo.
Man mano che il cielo invernale passa il testimone a quello primaverile, notiamo anche che all’abbondanza di stelle del primo, in particolare di stelle brillanti, fa da contraltare la relativa povertà del secondo. Infatti, quando guardiamo il cielo invernale osserviamo la fascia della Via Lattea, ovvero stiamo guardando la nostra galassia sul piano del disco, ovvero lungo le direzioni ove è massimo il suo spessore, e quindi vediamo moltissime stelle. In primavera, invece, lo sguardo si sposta verso direzioni via via più discoste da esso, verso latitudini galattiche via via più alte, ossia in direzioni via via più vicine alla perpendicolare al piano della Galassia, ove troviamo il polo nord galattico, nella costellazione primaverile della Chioma di Berenice, posta dietro la coda del Leone e visibile in marzo in tarda serata. Ecco che, attraversando uno spessore via via minore del disco galattico, il nostro sguardo intercetta sempre meno stelle.
Dal punto di vista dei pianeti, si vede ancora Marte nel cielo serale, non lontano dalla stella Aldebaran, con cui condivide il colore rossastro, ma sempre meno luminoso dato il progressivo allontanamento dalla Terra. Giove e Saturno cominciano a riapparire nel cielo mattutino, prima dell’alba, ove a inizio mese si vede anche Mercurio. Seppure visibili bassi e per poco tempo, i tre pianeti offrono una configurazione di notevole interesse.
LA STELLA DEL MESE:RHO LEONIS
Dopo avere scelto come stella del mese di gennaio Epsilon Eridani, di magnitudine 3,7, e di febbraio Wezen, di magnitudine 1,8, forse pensate che sia venuto il momento di scegliere una stella molto brillante come “stella del mese”. Infatti questo mese è protagonista Rho Leonis, una debole stellina di magnitudine 3,9 nella costellazione del Leone posta in cielo non lontano da Regolo, e rispetto alla quale è apparentemente più brillante la stessa Epsilon Eridani. In realtà Rho Leonis è intrinsecamente luminosissima, trattandosi di una supergigante blu (di classe spettrale B1) 27 volte più massiccia del Sole, 37 volte più grande ma soprattutto, data l’altissima temperatura superficiale di 24.000 K, quasi mezzo milione di volte più luminosa. Come caratteristiche, somiglia alle stelle della Cintura di Orione, di cui però appare nettamente meno luminosa, essendo posta molto più lontano, a ben 5.400 anni luce da noi, il che la rende una delle stelle più lontane (oltre che una delle intrinsecamente più brillanti) tra tutte quelle visibili a occhio nudo.
Già queste caratteristiche giustificherebbero la sua scelta come “stella del mese”, ma c’è qualcosa in più. Proviamo a pensare ad altre stelle che sono visibili a occhio nudo pur essendo molto lontane, come Deneb (distanza = 2.600 anni luce), Mu Cephei (distanza = varie stime ma diciamo 3.000 anni luce), Rho Cassiopeiae (d = 3.400 anni luce) e Alfa Camelopardalis (d = 6.000 anni luce). Sono tutte poste lungo la Via Lattea o non lontano da essa, ove la Galassia ha il massimo spessore e quindi, se sono sufficientemente luminose e non nascoste da nubi di polveri interstellari, è naturale che si vedano alcune stelle lontanissime. Ma Rho Leonis no, è posta nella costellazione del Leone, che si trova non lontano dalla direzione del polo nord galattico il quale, come abbiamo detto, giace nella vicina costellazione della Chioma di Berenice. Lo spessore del disco galattico è di soli mille o duemila anni luce, quindi Rho Leonis ne è al di fuori: si tratta di una “runaway star” che è stata scagliata in tale regione da qualche fenomeno come un’interazione gravitazionale o l’esplosione di una supernova nel passato. Quella che stiamo osservando è una sorta di “stella fuori dalla Galassia” … o perlomeno dalla sua parte più cospicua, il disco galattico. Se fossimo lì, cosa vedremmo? Vedremmo una metà del cielo ricchissima di stelle, quella rivolta verso il disco che apparirebbe dal di fuori, e l’altra metà poverissima, persa verso i bui e sterminati spazi dell’Universo, ovvero vedremmo una notte diversissima da qualsiasi notte abbiamo mai visto da Terra.
Note sull’Autore
Davide Cenadelli, PhD, è ricercatore all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA) dove si occupa, tra le altre cose, di didattica e divulgazione. All’Osservatorio Astronomico, nel corso di serate prefissate, è possibile partecipare a visite guidate notturne durante le quali, in caso di bel tempo, è possibile osservare, sotto la guida di Davide o colleghi, il cielo a occhio nudo e col telescopio, compresi alcuni degli oggetti sopra menzionati, o altri, a seconda della stagione.
Per informazioni sull’Osservatorio Astronomico e per prenotare una visita guidata diurna o notturna: http://www.oavda.it