Da Romeo ad Amleto: ecco come hanno guardato le stelle i vari eroi shakespeariani e cosa possiamo comprendere dalla lettura delle opere del Bardo.
Erano tempi molto particolari quelli in cui ha vissuto Shakespeare. Un contadino della metà del 1500 aveva a che fare con l’astronomia molto più di noi. Se voleva sapere l’ora, doveva ascoltare le campane, guardare la meridiana o, semplicemente, osservare l’angolazione del Sole. Inoltre, astronomia, scienza e astrologia erano profondamente connesse. L’osservazione dei fenomeni celesti e la loro interpretazione erano legate: nel cielo era scritto il futuro e a lui si chiedeva quando era meglio combattere, sposarsi, mietere il raccolto o fare un bambino. Chiunque aveva familiarità con i segni zodiacali e i loro significati, strettamente legati alla personalità. Priscilla Costello, nel suo libro “Shakespeare and the stars” ci dice che perfino le cure mediche erano legate al tipo di “temperamento” connesso al segno zodiacale. Pensate a come sarebbe oggi: “Il paziente è del segno del Leone, molto irascibile, si consiglia cura con valeriana; il paziente è del Cancro, molto soggetto a crisi di pianto improvvise, si consiglia una maggiore idratazione; Sagittario, troppo buono, si consiglia uno sport da combattimento”.
Al contempo, in questo periodo s’iniziano a fare strada idee scientifiche completamente rivoluzionarie: il passaggio dalla teoria geocentrica a quella eliocentrica; Giordano Bruno, con le sue teorie legate alla visione Copernicana; Galileo, che, nel primo decennio del 1600, perfezionò il cannocchiale e lo puntò verso il cielo.
Quindi, da una parte il mistero, l’occulto, l’esoterico e dall’altra novità scientifiche che hanno cambiato per sempre il nostro modo di vivere. E’ proprio qui, in questo momento storico di grande cambiamento, che vive William Shakespeare (1564-1616). Dovremo forse ringraziare questo mescolarsi di concetti, esoterico e scientifico, astrologico e astronomico, se oggi possiamo leggere tra le più belle parole che siano mai state scritte? Probabilmente sì. Il Bardo era sicuramente un attento osservatore e ascoltatore.
E’ evidente, leggendo le sue opere, un’evoluzione nel modo di pensare dei suoi personaggi. Proviamo a fare alcuni esempi. Si hanno notizie dei primi successi del Bardo a partire dal 1592, anno di cui si ha anche testimonianza di una rappresentazione del dramma storico “Enrico VI”, dove troviamo moltissimi riferimenti all’astrologia e alla sua profonda connessione con la vita quotidiana già nella prima scena:
Il cielo sia avvolto da una coltre nera, giorno cedi il posto alla notte!
Comete, che annunciate il cambiamento di tempo e di stato,
brandite le vostre trecce di cristallo nel cielo,
e con esse flagellate le ignobili stelle
che hanno permesso la morte di Enrico!(1592, Enrico VI, Atto I, scena I)
Anche in “Romeo e Giulietta”, tragedia scritta cinque anni più tardi, sono sempre le stelle a governare e predire il futuro dei personaggi. Romeo è con i suoi amici e sta per andare alla festa dei Capuleti, momento che cambierà per sempre il suo destino. Benvolio mette fretta al gruppo dicendo che arriveranno tardi ed ecco cosa pensa e ci confida Romeo:
Troppo presto, temo. La mia mente presagisce un qualche evento,
ancora sospeso nelle stelle, che amaramente avrà un tremendo
inizio con le feste di questa notte, finendo
il giro d’una vita disprezzata, chiusa
nel mio petto, con la violenza vile
d’una morte precoce.
Ma Colui che ha il timone del mio viaggio diriga la mia vela!(1597, Romeo e Giulietta, Atto I, scena IV).
Vediamo un ragazzo che riflette sul suo destino ineluttabile: lui non potrà fare altro che, per restare in tema, recitare la parte di un copione che è già stato scritto. Ma, alle porte del 1600, gli eroi shakespeariani hanno un’altra visione: divengono più consapevoli, padroni del proprio destino, e non più “vittime” di ciò che è scritto nelle stelle. Sia chiaro: Shakespeare non abbandonerà mai l’idea che gli esseri umani siano qualcosa di indipendente rispetto agli astri; il cielo rimarrà comunque il massimo riferimento per predire il futuro e le comete continueranno a essere interpretate come terribili presagi di sventura. Non a caso, sul soffitto del Globe Theatre di Londra (ricostruito nel 1999), è disegnato il firmamento con le costellazioni zodiacali (insieme alla sua controparte, l’inferno, simbolizzata da una botola sul palcoscenico). Tuttavia, lo leggiamo nelle parole di Giulio Cesare (1599), è impossibile non notare che qualcosa è cambiato:
A volte gli uomini sono artefici del loro destino:
La colpa, caro Bruto, non è nelle stelle,
ma in noi stessi.(1599, Giulio Cesare, Atto I, scena II)
Il soffitto del Shakespeare’s Globe Theatre di Londra.
Arriviamo ad Amleto (1603), famoso per essere il personaggio del “dubbio” per eccellenza. Ma prima, una parentesi doverosa: due anni prima della scrittura di Amleto, muore Thyco Brahe, importantissimo astronomo danese dell’epoca, astrologo personale del re Federico II di Danimarca e Norvegia.
L’osservatorio di Uraniborg.
Brahe lavorò a lungo presso l’osservatorio di Uraniborg, sull’isola di Hven, fatto costruire apposta dal sovrano che fornì Thyco dei più moderni e costosi strumenti per le sue ricerche. Tra i suoi assistenti più famosi c’era anche Keplero. E’ proprio a Hven che Thyco, nel 1572, osservò la famosa Supernova SN 1572 (o Supernova di Thyco), che gli permise di formulare la teoria del “sistema ticonico”1, oltre che di porre le basi per la moderna rivoluzione astronomica. Si dice che alla morte di Federico II, il figlio Cristiano IV, che non aveva simpatia per l’astronomo, lo fece avvelenare. Non vi ricorda l’inizio della tragedia di Amleto?
Proprio nella scena iniziale della tragedia, le guardie del castello di Elsinore, avvolte nel freddo e nella nebbia, parlano di una “stella a occidente del polo” che è probabilmente la famosa Supernova di Thyco. Questa Supernova apparve nel cielo quando Shakespeare aveva otto anni, ed è probabile che colpì molto il suo immaginario, tanto da volerla mettere come sfondo di una scena tetra, per anticipare l’arrivo imminente di un fantasma. Nella stessa tragedia, il principe di Danimarca scrive a Ofelia delle parole d’amore meravigliose, che lasciano trasparire anche l’apertura di Shakespeare verso la visione copernicana, secondo cui “in mezzo a tutto sta il Sole”:
Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la Verità sia mentitrice,
ma non dubitare mai del mio amore.(1603, Amleto, atto II, scena II)
Nel 1603, quattrocentodiciassette anni fa, Shakespeare esprime un concetto oggi familiare all’astronomia e cioè che le stelle sono sorgenti di luce e calore e che il Sole non fosse in movimento. La vita di Shakespeare si concluse quando la nuova era astronomica stava iniziando: il primo telescopio era stato puntato verso il cielo e ci si preparava sempre di più a rivoluzionare la nostra visione del mondo. Dai suoi lavori possiamo capire che egli si sia trovato più e più volte, come Amleto, di fronte a “questa splendida volta del firmamento, questo tetto maestoso adorno di aurei fuochi” a porsi domande e a vedere la Terra come “appena uno sterile promontorio”. E’ questa la grandiosità di Shakespeare: parlava ai suoi, parla a noi, parla al futuro.
Si ringrazia lo Shakespeare’s Globe Theatre per le informazioni.
[1] Il sistema ticonico era un modello a metà strada tra il sistema geocentrico ed eliocentrico. Secondo questo schema, la Terra si trova al centro e attorno ad essa orbitano la Luna e il Sole. Attorno al Sole, invece, orbitano i pianeti (quelli che allora erano conosciuti erano Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno).
Associazione LOfficina vi aspetta al Planetario di Milano giovedì 23 gennaio ore 21 con Il cielo di Shakespeare di Anna Lombardi. Un’occasione speciale per comprendere l’astronomia ai tempi di Shakespeare. La serata rientra nel ciclo “I giovedì Universitari”: presentando in cassa un documento universitario in corso di validità si avrà diritto a un biglietto ridotto a 3€.