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Buchi neri supermassicci e materia oscura: una coppia splendente

Un tipo di radiazione prodotto della materia oscura potrebbe aver contribuito in maniera decisiva alla formazione dei buchi neri supermassicci.

di Andrea Castelli

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Un’immagine del James Webb Space Telescope mostra il quasar J0148 cerchiato in rosso. Nel riquadro in alto è visibile il buco nero centrale e, in quello in basso, l’emissione stellare della galassia ospite. Credit: MIT/NASA.

Il processo di formazione di un buco nero stellare, dovuto all’inarrestabile collasso del nucleo di una stella molto massiccia arrivata alla fine dei suoi giorni, è ben noto da tempo; lo stesso non si può dire però per l’origine dei buchi neri supermassicci, quelli che pesano come milioni o miliardi di Soli e che abitano al centro della maggior parte delle galassie. Se per dar vita a un buco nero stellare servono tempi relativamente corti (su scala astronomica) che possono arrivare attorno a un miliardo di anni o meno, per quelli supermassicci è necessario attendere molto ma molto di più. Si è infatti ipotizzato che, con il passare del tempo, buchi neri di piccola taglia si aggreghino tra loro per dar vita a qualcosa di più massiccio oppure che, per accrescimento graduale di materia sottratta a stelle vicine o a regioni popolate da gas, un buco nero stellare riesca lentamente ad aumentare la sua stazza. Dati alla mano, forse però c’è qualcosa che ci sfugge: le osservazioni del telescopio spaziale James Webb hanno mostrato l’esistenza di buchi neri supermassicci quando l’Universo era giovanissimo; un dato in contrasto con quanto emerge dai modelli teorici, dal momento che questi oggetti non avrebbero dovuto avere il tempo di formarsi. Com’è possibile che abbiano bruciato così rapidamente le tappe della loro crescita? Alexander Kusenko, professore di fisica e astronomia all’UCLA, commenta così la scoperta di Webb: “è stato sorprendente trovare un buco nero supermassiccio con una massa di un miliardo di volte quella solare quando l’Universo aveva solo mezzo miliardo di anni. È stato come trovare un’auto moderna tra le ossa di un dinosauro e chiedersi chi l’abbia costruita nella preistoria”.
Proprio gli astrofisici dell’UCLA hanno trovato una convincente risposta per cercare di svelare l’arcano. In un recente studio pubblicato sulla rivista “Physical Review Letters” gli autori ipotizzano che il silenzioso e invisibile artefice di tutto potrebbe essere la materia oscura. Per un tempo abbastanza lungo, questo importante ma elusivo ingrediente del cosmo potrebbe aver impedito all’idrogeno, l’elemento più comune e abbondante nell’Universo, di raffreddarsi lasciando alla gravità il compito di condensarlo in nubi sufficientemente grandi e dense da trasformarsi, tramite collasso diretto, in buchi neri invece che in stelle. Senza il contributo della materia oscura, spiegano gli scienziati, la gravità avrebbe sì iniziato ad addensare la nube di idrogeno, ma non avrebbe potuto creare un’unica grande e massiccia nube, poiché in diverse zone si sarebbero formati degli addensamenti locali, troppo piccoli per dar vita, tramite collasso diretto, a un buco nero supermassiccio. Gli studiosi hanno compreso che a rompere le uova nel paniere è il rapido processo di raffreddamento del gas: la pressione di un gas caldo può contrastare l’azione della gravità ed evitare quindi che quest’ultima porti alla formazione di piccoli addensamenti che “frammentano” la nube. Yifan Lu e Zachary Picker, i primi due autori dello studio, sono giunti alla conclusione che una radiazione aggiuntiva potrebbe riscaldare il gas, modificandone il successivo processo di raffreddamento. Ecco allora che entra in gioco la materia oscura. Sebbene non si sappia ancora da cosa sia composta, i teorici delle particelle hanno a lungo ipotizzato che potrebbe contenere particelle instabili che possono decadere emettendo radiazione sotto forma di fotoni. Una simile radiazione potrebbe essere in grado di scomporre l’idrogeno molecolare e impedire alla nube di idrogeno di raffreddarsi troppo rapidamente. Inserendo infatti la materia oscura nelle loro simulazioni, Lu e Picker hanno mostrato che questo meccanismo consentirebbe in effetti al gas di mantenere un’adeguata temperatura per poter formare, sotto l’azione della gravità, una nube gigante, dal collasso diretto della quale si originerebbe un buco nero supermassiccio. “Questa potrebbe essere la soluzione al motivo per cui i buchi neri supermassicci vengono scoperti molto presto”, ha detto Picker. “Se sei ottimista, potresti anche leggerlo come una prova positiva di un tipo di materia oscura”.

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