Il cielo di Aprile 2021: La primavera entra nel vivo e le ore di luce via via aumentano
Di Davide Cenadelli.
Di prima sera, le costellazioni invernali sono ancora visibili, ma vanno a tramontare sempre più presto, mentre col passare delle ore sono le costellazioni primaverili a salire alla ribalta. Quattro sono le grandi costellazioni primaverili più facilmente identificabili: il Leone, la Vergine, Boote e l’Orsa Maggiore. Quest’ultima è parzialmente circumpolare e quindi visibile in ogni stagione, ma nel cuore della primavera meglio che nelle altre in quanto culmina, prossima alle regioni zenitali, dopo cena. L’Orsa Maggiore è però priva di stelle particolarmente brillanti, non ospitando nessuna stella di prima magnitudine. Leone, Vergine e Boote invece hanno ciascuna una stella brillante: Regolo nel Leone e Spiga nella Vergine, di prima magnitudine, e Arturo in Boote, la più brillante delle tre, la cui magnitudine è addirittura negativa (Arturo è la stella più luminosa dell’emisfero celeste boreale). Ricordiamo che più bassa è la magnitudine di una stella, più questa è brillante, quindi una stella di magnitudine 0 è più luminosa di una di magnitudine 1, e ancora più brillante è una stella di magnitudine negativa.
Il Leone è abbastanza facile da riconoscere: bisogna guardare verso sud, piuttosto in alto, dopo cena, e individuare un trapezio costituito da quattro stelle, di cui una, sul vertice sudoccidentale (in basso a destra) è la brillante Regolo. Il trapezio costituisce il corpo del Leone, mentre altre stelline ne costituiscono la testa. La stella sudorientale del trapezio (in basso a sinistra) si chiama Denebola, nome che deriva dall’arabo “Deneb Alased” a significare “la coda del leone”. Il termine “Deneb” di origine araba significa proprio “la coda” ed è condiviso con altre stelle, che rappresentano le code di altri animali celesti (si pensi alla brillante Deneb del Cigno o a Deneb Algedi nel Carpicorno). La costellazione è di origine antichissima (risale almeno al 4.000 a.C.) e in molte diverse culture antiche rappresenta un Leone. Per i Greci era il Leone Nemeo ucciso da Ercole.
A est (sinistra) del Leone, tra questo e la brillantissima Arturo, si trova la piccola ma affascinante costellazione della Chioma di Berenice. Le sue stelle sono poco luminose e difficili da identificare sotto un cielo che non sia terso e buio, ma formano un caratteristico gruppetto, quasi una nidiata di deboli stelline, e in effetti diverse stelle della costellazione appartengono a un ammasso aperto, l’Ammasso della Chioma di Berenice (detto anche Melotte 111), che è visibile a occhio nudo e, posto a circa 280 anni luce da noi, è uno dei più vicini al sistema solare.
In primavera, dopo il buon periodo di visibilità invernale, scompare la Via Lattea: essa tramonta sempre prima insieme alle costellazioni invernali, e poi verso mattina ne sorge il ramo estivo, che sarà visibile in orari più comodi d’estate, ma nel cuore della notte la Via Lattea risulta visibile solo presso l’orizzonte nord, ove attraversa le costellazioni di Cefeo e Cassiopea molto basse, e risulta facilmente nascosta dalle foschie prossime all’orizzonte. La primavera è in effetti la stagione meno favorevole per osservare la Via Lattea, ma questo schiude un’opportunità inaspettata. Di cosa si tratta?
Quando guardiamo verso il Leone, la Chioma di Berenice, Boote, la Vergine, stiamo guardando in direzioni lontane dal piano della nostra galassia, che la Via Lattea traccia in cielo. Proprio nella Chioma di Berenice si trova il Polo Nord Galattico, quindi osservando questa costellazione stiamo guardando perpendicolarmente al piano della Galassia, ove lo spessore di questa è minimo, pari a solo un migliaio di anni luce. Questo è il motivo per cui il cielo primaverile è povero di stelle se lo paragoniamo a quello invernale ed estivo, ricchi di una moltitudine di stelline deboli che si vedono lungo e in prossimità della Via Lattea. Ma guardando nella direzione del minimo spessore come avviene in primavera, le polveri interstellari presenti nella nostra galassia ci disturbano poco e non assorbono granché la luce che ci arriva dagli oggetti extragalattici. In questa stagione abbiamo allora l’opportunità di guardare più facilmente al di fuori della nostra galassia, verso altre galassie sparse negli sterminati spazi dell’Universo.
Tra le più spettacolari visibili al telescopio in questo periodo si possono citare nell’Orsa Maggiore M81 (o Galassia di Bode) e M82 (Galassia Sigaro), quest’ultima una spirale vista di taglio, e la spirale vista di faccia M51 (Galassia Vortice) interagente con la più piccola galassia NGC 5195 in sua prossimità, nei Cani da Caccia, piccola costellazione situata tra il Grande Carro dell’Orsa Maggiore e la Chioma di Berenice. Si continua poi con il Tripletto del Leone, costituito dalle galassie spirali M65, M66 e NGC 3628, e le molte galassie della Vergine, tra cui si può ricordare la galassia ellittica supergigante M87 posta a circa 55 milioni di anni luce da noi, al centro della quale si trova un buco nero supermassiccio chiamato M87*, la cui ombra scura è stata la prima (e a oggi unica) mai fotografata. Ma come è possibile fotografare … un’ombra scura contro il cielo nero? Come è stato possibile fotografare un oggetto che per definizione viene detto “nero”? Grazie alla presenza, attorno a questo ombroso personaggio, di un luminoso disco di accrescimento costituito di gas caldissimo in caduta verso di esso. Il gas che cade all’interno di questo mostro cosmico è pari a un centinaio di masse terrestri … al giorno! Al primo ritratto di M87* se ne è aggiunto di recente un secondo, in cui sono state ottenute misure di polarizzazione della luce emessa dal gas del disco di accrescimento, capaci di svelare la complessa struttura dei campi magnetici al suo interno. Si tratta di un passaggio chiave verso la comprensione dei getti relativistici che si osservano in prossimità di alcuni buchi neri, e per la dinamica dei quali i campi magnetici giocano un ruolo cruciale.
Insomma: primavera, stagione di fiori, tepori … galassie e buchi neri!
Rientrando dagli immensi spazi tra le galassie al Sistema Solare, sul fronte planetario si osserva di sera Marte, sempre meno luminoso, prima tra le corna della costellazione del Toro, indi in quella dei Gemelli. Giove e Saturno invece emergono via via tra le luci dell’aurora mattutina, ma per vederli è necessario alzarsi prima dell’alba.
LA STELLA DEL MESE:ALGIEBA
La stella Algieba, o Gamma Leonis, è uno dei quattro vertici (quello nordoccidentale, ovvero in alto a destra) del trapezio di stelle che disegna in cielo il corpo della costellazione del Leone. Delle quattro stelle è la più lontana da noi, posta com’è a 126 anni luce di distanza. Al telescopio mostra la sua natura di stella doppia. Entrambe le componenti sono stelle giganti di colore giallo-arancione (i tipi spettrali sono K1 e G7). La principale è 32 volte più grande del Sole e 320 volte più luminosa, mentre per la secondaria i valori sono 10 e 50. Intorno alla componente principale è stato scoperto un esopianeta, chiamato Gamma 1 Leo b, la cui massa è stimata essere pari ad almeno 8-9 masse gioviane. Il semiasse maggiore della sua orbita è di 1,14 UA, poco più della distanza Terra-Sole. Quando si parla di pianeti extrasolari, la prima cosa che mi viene in mente – a me come, credo, un po’ a tutti – è la possibilità che esistano forme di vita, e magari vita intelligente, su di essi. Il passo successivo consiste nel mettersi nei panni dei possibili extraterrestri per capire come vedrebbero il loro sole, ovvero la stella intorno a cui orbita il loro pianeta. Anche se nel caso di Gamma 1 Leo b abbiamo a che fare con un pianeta gigante verosimilmente simile a un grande Giove, poco adatto ad ospitare forme di vita, potrebbe magari avere satelliti rocciosi. In realtà, sembra poco probabile che la vita prosperi da quelle parti: dal pianeta (e dalle sue eventuali lune) la stella apparirebbe 28 volte più grande del Sole visto da Terra, e soprattutto 250 volte più luminosa. Insomma, farebbe un po’ calduccio … non ci starebbe bene nemmeno chi ama l’estate (quanto a me, preferisco i pianeti su cui ci sia l’autunno … tipo la Terra, e a pensarci bene mancano solo 5 mesi al suo arrivo). Dal pianeta si vedrebbe anche la componente secondaria del sistema stellare: dato che essa dista almeno 80 UA dalla principale, ed è la meno luminosa tra le due, apparirebbe assai più fioca, almeno un centinaio di volte meno luminosa che il Sole nel nostro cielo, il che comunque corrisponde a circa 4.000 volte la luminosità della Luna Piena. Un secondo pianeta, non confermato, si troverebbe a 2,6 UA dalla stella principale, anch’esso troppo vicino ad essa per avere condizioni accettabili.
Note sull’Autore
Davide Cenadelli, PhD, è ricercatore all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA) dove si occupa, tra le altre cose, di didattica e divulgazione. All’Osservatorio Astronomico, nel corso di serate prefissate, è possibile partecipare a visite guidate notturne durante le quali, in caso di bel tempo, è possibile osservare, sotto la guida di Davide o colleghi, il cielo a occhio nudo e col telescopio, compresi alcuni degli oggetti sopra menzionati, o altri, a seconda della stagione.
Per informazioni sull’Osservatorio Astronomico e per prenotare una visita guidata diurna o notturna: http://www.oavda.it