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Piccoli asteroidi crescono… nella fascia principale

Un gruppo di ricerca del MIT ha annunciato la scoperta di 138 nuovi asteroidi nella fascia principale, i più piccoli mai individuati. Ciò comporta importanti progressi nella conoscenza della popolazione asteroidale nonché un notevole passo avanti per le tecniche di difesa planetaria.

di Andrea Castelli

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Rappresentazione artistica del JWST alla ricerca di piccoli asteroidi nella fascia principale. Credit: E. Maru e J. de Wit.

La maggior parte degli asteroidi conosciuti orbita attorno al Sole all’interno della cosiddetta fascia principale, una cintura di materiale roccioso situata tra le orbite di Marte e Giove, a una distanza media dalla Terra di circa 250 milioni di chilometri. Attualmente, su un totale stimato attorno al milione e mezzo di oggetti per una massa complessiva inferiore a quella della Luna, 740 000 hanno una designazione ufficiale e quelli vicini alla Terra sono grosso modo 11 000, attivamente monitorati in un contesto di difesa planetaria. La maggior parte degli asteroidi ha dimensioni superiori a 1 chilometro; Vesta, scoperto nel marzo 1807, è il più grande di tutti con un “diametro” di circa 530 km, ma un numero enorme di questi corpi celesti ha dimensioni di poche decine di metri. Lo studio dei corpi minori del sistema solare è di grande importanza, in quanto ci può fornire una visione unica dei primi momenti di vita del nostro “quartiere celeste”, addirittura precedenti alla formazione dei pianeti. Essere in grado di osservare gli asteroidi più piccoli della fascia principale ci permetterebbe di raccogliere indizi sui “mattoni” che hanno portato alla genesi dei pianeti, tra cui la Terra. Finora, gli asteroidi più piccoli che gli scienziati sono stati in grado di individuare hanno un diametro di circa un chilometro, ma un team internazionale guidato da fisici del MIT ha trovato un modo per individuare anche quelli di stazza decametrica (decine di metri di diametro) e i loro risultati sono stati pubblicati qualche settimana fa sulla rivista “Nature”. Artem Burdanov e Julien de Wit, coordinatori di un gruppo di ricerca principalmente specializzato nello studio di esopianeti, si sono chiesti se le medesime tecniche utilizzate per studiare gli esopianeti e le loro atmosfere potessero essere sfruttate per individuare piccoli asteroidi servendosi delle immagini ottenute grazie all’osservatorio a infrarossi più potente al mondo, il James Webb Space Telescope. Ricorrendo alla tecnica di elaborazione di immagini detta shift and stack, ovvero “spostare e impilare”, è possibile far scorrere più pose del medesimo campo visivo e sovrapporle per vedere se un oggetto debole come un asteroide, fastidioso intruso per chi cerca altro in quelle immagini, può lasciare strascichi di segnale che non hanno nulla a che fare con il soggetto inquadrato. Dopo aver elaborato più di 10 000 immagini prodotte dal JWST che immortalavano Trappist-1, la debole nana rossa attorno alla quale nel 2017 è stato scoperto l’omonimo sistema planetario, i ricercatori sono stati in grado di individuare dapprima otto asteroidi noti nella fascia principale e poi, guardando più a fondo, altri 138 nuovi asteroidi, tutti entro alcune decine di metri di diametro, i più piccoli mai rilevati fino a oggi nella fascia principale.
“Pensavamo di rilevare solo pochi nuovi oggetti, ma ne abbiamo trovati molti più del previsto, soprattutto tra quelli di piccole dimensioni”, afferma de Wit. “È un segno che stiamo sondando una nuova tipologia di popolazione asteroidale, in cui molti oggetti piccoli si formano in seguito a cascate di collisioni che pare siano molto efficienti nel frantumare asteroidi sotto i 100 metri”.
Il successo di questa indagine è stato possibile grazie alla straordinaria sensibilità del JWST che, trovandosi nello spazio lontano dalla Terra, con il suo grande specchio e una strumentazione all’avanguardia è particolarmente sensibile alla luce infrarossa. Gli asteroidi che orbitano nella fascia principale, infatti, sono molto più luminosi alle lunghezze d’onda infrarosse che a quelle visibili. La nostra capacità di individuare questi piccoli asteroidi quando sono ancora molto lontani dalla Terra ci consente di effettuare determinazioni orbitali più precise, cruciali per la difesa del nostro pianeta. “Questo è un buon esempio di cosa possiamo fare quando guardiamo i dati in modo diverso”, conclude Burdanov. “A volte c’è una grande ricompensa e questa è una di quelle”.

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