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Lieto fine per la storia di 2024 YR4, l’asteroide più chiacchierato del momento

Divenuto celebre nelle ultime settimane, l’asteroide near-Earth 2024 YR4 non rappresenta più un concreto pericolo per il nostro pianeta. Vi raccontiamo l’epilogo di questa storia a lieto fine.

di Andrea Castelli

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Rappresentazione artistica dell’asteroide near-Earth 2024 YR4. Credit: ESA.

C’è chi stava già iniziando a segnarsi la data del 22 dicembre 2032, dal momento che sarebbe potuta diventare tristemente memorabile: l’asteroide near-Earth denominato 2024 YR4, scoperto la notte del 27 dicembre 2024 grazie al programma Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System (ATLAS), avrebbe potuto colpire la Terra. Una prima stima della probabilità d’impatto riportava il valore dell’1,2%, ma il 18 febbraio scorso – dopo essere passata al 2,2% il giorno 6 – la probabilità schizzò al 3,1%, facendo guadagnare al piccolo asteroide il livello 3 della scala Torino, appena sotto Apophis, l’unico NEA (near-Earth asteroid) a raggiungere il livello 4 su 10 e una probabilità massima d’impatto di 1:37. 2024 YR4 è un asteroide roccioso di tipo S, costituito principalmente da silicati, o L, simile all’altro tipo ma con maggiore abbondanza di pirosseno, con un diametro compreso tra i 40 e i 90 metri e un periodo di rotazione di 19,5 minuti. Poco dopo la sua scoperta, le prime pagine di parecchi quotidiani usarono toni ingiustificatamente allarmistici, parlando addirittura di catastrofe, nonostante gli esperti avessero più volte insistito sulla fisiologica oscillazione dei valori, ricalcolati di volta in volta sulla base dei dati osservativi a disposizione. La determinazione della probabilità d’impatto non è un processo casuale, ma riflette il modo in cui funziona il calcolo delle orbite dei corpi celesti. I modelli matematici utilizzati consentono di creare una sorta di sciame di asteroidi virtuali le cui posizioni e velocità sono compatibili con i primi dati che si hanno a disposizione; facendo evolvere il sistema nel tempo, ogni asteroide virtuale traccerà la sua orbita, diversa da quella degli altri, e lo sciame aumenterà perciò di dimensioni, avvolgendo – sempre virtualmente – la Terra. Al momento della scoperta, l’orbita di un asteroide viene calcolata avendo a disposizione un numero limitato di osservazioni, spesso condotte in un arco di tempo molto breve. Continuando poi a monitorare l’asteroide, lo sciame si ridimensiona poiché è possibile scartare traiettorie non più compatibili con i dati; inoltre, l’incertezza sulla misura della distanza di massimo avvicinamento al nostro pianeta diminuisce gradualmente, fin quando diventa più piccola della distanza reale e, di conseguenza, la probabilità d’impatto cala drasticamente. Anche per 2024 YR4 è andata in questo modo: la probabilità d’impatto inizialmente è cresciuta e poi si è ridotta grazie a nuove osservazioni condotte tra il 19 e il 20 febbraio, senza più la difficoltà prodotta dalla luminosità lunare. I ricercatori hanno così migliorato l’accuratezza nella descrizione dell’orbita del potenzialmente pericoloso “sasso spaziale”, riuscendo a ridurre le incertezze e abbassando la probabilità di collisione che, al 21 febbraio 2025, crollò allo 0,28%. Per arrivare a questo risultato sono state condotte poco meno di 400 osservazioni nell’arco di circa 57 giorni, tra il 25 dicembre 2024 e il 20 febbraio 2025. Anche il livello sulla scala Torino, un metodo di classificazione del pericolo di impatto associato agli oggetti di tipo NEO (near-Earth object), quel giorno scese a 1; come si legge nella descrizione di questo livello di rischio, ciò significa che “le probabilità di collisione sono estremamente basse da non meritare grande attenzione e preoccupazione nella popolazione. Nuove osservazioni molto probabilmente porteranno una riassegnazione al livello 0”. E praticamente ci siamo, dal momento che oggi, 25 febbraio 2025, la probabilità d’impatto è scesa ulteriormente, raggiungendo il valore di 0,0027%, ovvero al 99,997% l’asteroide non ci colpirà. Sappiamo inoltre, grazie alle ultime osservazioni condotte con il Very Large Telescope (VLT) dello European Southern Observatory (ESO), che la distanza minima dalla Terra che raggiungerà sarà di circa 272 000 Km e che l’incertezza sulla misura, ± 199 000 km, è ormai diventata più piccola della distanza stessa. Ma se sfortunatamente non fosse andata così, quali sarebbero state le conseguenze? I danni causati dall’impatto di un asteroide dipendono in larga misura dalle sue dimensioni, dalla sua composizione e compattezza e infine dalla velocità e dall’angolo d’impatto. Trattandosi di un asteroide del tutto simile a quello responsabile dell’evento di Tunguska, roccioso e poco compatto, si può ragionevolmente ipotizzare che sarebbe potuto esplodere in aria a qualche chilometro dal suolo (airburst), producendo una notevole onda d’urto, proprio come accadde il 30 giugno 1908 in quella remota regione della Siberia. Supponiamo ora che le dimensioni effettive di 2024 YR4 siano di circa 40 metri, il limite inferiore della stima che abbiamo, e che entri in atmosfera sopra l’oceano; i modelli matematici suggeriscono che l’onda d’urto prodotta difficilmente potrebbe causare uno tsunami significativo. A parità di dimensioni, se l’ingresso in atmosfera dovesse invece verificarsi sopra una regione popolata, l’onda d’urto potrebbe frantumare finestre e causare danni strutturali di modesta entità in una città. Se però le dimensioni effettive fossero di 90 metri, limite superiore della stima, i danni sarebbero ben più gravi: potenziale crollo di strutture residenziali, frantumazione di vetri e finestre in regioni molto più estese e abbattimento di alberi in vaste aree boschive. Il caso peggiore si verificherebbe se un asteroide di quelle dimensioni fosse più compatto: potrebbe parzialmente sopravvivere all’ablazione atmosferica e colpire il suolo creando un cratere di 500-1500 metri di diametro e devastare un’area di decine di chilometri quadrati. Con 2024 YR4 pericolo praticamente scampato, ma questa storia ci deve insegnare quanto sia importante e vitale investire nei progetti di difesa planetaria, dal momento che i NEA più grandi di lui – tra i 120 e i 140 metri, potenzialmente in grado di devastare un’intera nazione – si stima siano all’incirca 35000, ma quelli attualmente conosciuti e monitorati sono solo poco più di 11000.

Per conoscere l’affascinante mondo degli asteroidi near-Earth e le tecniche di difesa planetaria, giovedì 6 marzo Associazione LOfficina ospiterà presso il Civico Planetario di Milano il Dr. Simone Ieva, ricercatore associato dell’Istituto Nazionale di Astrofisica presso l’Osservatorio Astronomico di Roma. Non mancate!

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