La notte del 13 marzo di duecentoquarantaquattro anni fa il pianeta di George si aggiunse ai cinque pianeti del sistema solare fino a quel momento noti.
Urano inquadrato dalla camera NIRCam del James Webb Space Telescope il 6 febbraio 2023. Credit: webbtelescope.org.
Il 13 marzo 1781 Saturno si disperò non poco: perse il primato di essere il pianeta più lontano dal Sole e quello di essere l’unico con un corteo di anelli attorno. Quella notte di 244 anni fa, Sir Frederick William Herschel – astronomo, fisico, costruttore di telescopi e musicista tedesco naturalizzato britannico – scoprì per caso quello che oggi è il settimo pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole: Urano. Fino ad allora, i pianeti noti perché visibili a occhio nudo erano solo cinque e proprio Saturno chiudeva la fila. Inizialmente Herschel, impegnato in quel periodo nella ricerca di stelle doppie da utilizzare poi per misurare le parallassi stellari, prese nota di un debole oggetto, già osservato in precedenza da John Flamsteed, che si spostava rispetto allo sfondo delle stelle fisse. Convinto che si trattasse di una cometa e non della stella 34 della costellazione del Toro, come ritenne invece Flamsteed, Herschel decise di chiamarla “Georgium Sidus” (stella di Giorgio), in onore di re Giorgio III di Gran Bretagna, sotto la protezione del quale lavorava. Due anni più tardi si comprese che quell’oggetto non poteva essere una cometa: se lo fosse stata, per la luminosità che aveva avrebbe dovuto essere piuttosto vicina al Sole, ma una cometa così vicina avrebbe dovuto muoversi nel cielo molto più velocemente di quanto si osservava. Si capì allora, del tutto inaspettatamente, che si trattava di un pianeta. Prontamente Herschel, come ulteriore segno di riconoscenza verso il suo re, battezzò il nuovo arrivato “Georgian Planet” (pianeta di Giorgio), ma quel nome, che fruttò una discreta fortuna economica al suo scopritore, non incontrò il favore degli astronomi non britannici. In Francia, Jérôme Lalande propose di chiamarlo addirittura “Herschel”, mentre in Germania Daniel Bernoulli suggerì i nomi “Hypercronius” e “Transaturnis”, che ben rendeva l’idea di aver scoperto un pianeta più lontano di Saturno. Alla fine fu l’astronomo tedesco Johann Elert Bode a proporre “Urano”, padre di Crono (Saturno) e dio del cielo secondo la mitologia greca. Già a partire dalla fine degli anni ’20 dell’Ottocento, infatti, il nome fu ampiamente usato, specialmente in Gran Bretagna, fin quando nel 1850 divenne il nome ufficiale di quel mondo freddissimo che orbita in 84 anni terrestri attorno al Sole a quasi 3 miliardi di chilometri di distanza. Divenuto ormai celebre, Herschel proseguì il suo lavoro costruendo i più grandi telescopi del suo tempo, grazie ai quali nel 1787 scoprì Titania e Oberon, due satelliti di Urano, e nel 1789 Mimas ed Encelado, satelliti di Saturno. Oggi si contano 28 satelliti naturali in orbita attorno a Urano che, curiosamente, portano i nomi di personaggi delle opere di William Shakespeare ed Alexander Pope; a parte l’ultimo, denominato S/2023 U1 e scoperto il 4 novembre 2023 dall’astronomo Scott Sheppard del Carnegie Institution for Science grazie alle immagini prese dai telescopi Magellano (Cile) e Subaru (Hawaii). Avere lune con nomi bizzarri, essere stato “battezzato” tre volte e aver permesso agli astronomi di ampliare le conoscenze sulle dimensioni del sistema solare non sono le uniche peculiarità di Urano: il 10 marzo 1977, grazie all’osservatorio volante Kuiper Airborne Observatory (un aereo militare che portava a bordo strumentazione e un telescopio riflettore), si scoprì un sistema di 13 anelli abbastanza complesso attorno al pianeta. Anelli deboli e sottili perché costituiti prevalentemente da polveri e non da ghiaccio, con bordi netti, lievemente eccentrici, ma soprattutto quasi “verticali” rispetto al piano orbitale di Urano. Questo è possibile dal momento che il gigante gassoso color azzurro-turchese perché contenente metano presenta un asse di rotazione inclinato di ben 98 gradi: è praticamente adagiato sul piano dell’orbita. In sostanza, il pianeta non gira attorno al Sole, ma “rotola”. Decisamente strani quegli anelli quindi, ma sufficienti a far svanire anche il secondo primato di Saturno.