fbpx

Il cielo di Novembre 2025

In novembre possiamo osservare in maniera ottimale tutte le costellazioni autunnali: da Pegaso a Cefeo, dal Pesce Australe all’Acquario.

di Davide Cenadelli

In novembre, possiamo osservare in maniera ottimale le costellazioni autunnali: il cavallo alato Pegaso, la principessa Andromeda, l’eroe Perseo, la regina Cassiopea, il re Cefeo, il mostro marino raffigurato nella costellazione della Balena, il Pesce Australe con la brillante stella Fomalhaut che sfiora l’orizzonte meridionale, il coppiere degli dei Ganimede rappresentato dalla costellazione zodiacale dell’Acquario, poi i Pesci, l’Ariete, il Triangolo e sì … guardando verso nordest, già di sera vediamo un gruppettino di stelle, le Pleiadi, il più famoso ammasso stellare del cielo. Le Pleiadi si trovano nella costellazione del Toro, che sorge col primo buio, e sono seguite dalla brillante stella Aldebaran, il cui nome d’origine araba significa proprio “l’inseguitrice” in quanto, a causa della rotazione terrestre, sembra muoversi in cielo inseguendo le Pleiadi.
Il Toro è una costellazione antichissima: era già nota ai Sumeri che vi vedevano il Toro del Cielo impegnato in una lotta con Gilgamesh, raffigurato nella vicina costellazione di Orione. Ma probabilmente è molto più antico: un dipinto rupestre nella Grotta di Lascaux, databile al 15.000 a.C. circa, raffigura un toro che sembra rappresentare la costellazione, in particolare grazie a un gruppetto di punti sulla sua groppa molto somigliante alle Pleiadi.
Le Pleiadi sono un ammasso aperto, ovvero un gruppo di stelle nate insieme non molto tempo fa. Non molto tempo fa significa in questo caso circa 100 milioni di anni, un tempo astronomicamente non lunghissimo, sufficientemente breve perché questo gruppo di stelle sia ancora unito; ma il loro destino, come quello degli ammassi aperti in generale, è di disperdersi. Entro due o trecento milioni di anni, questo meraviglioso gruppetto di stelle che oggi allieta le nostre notti autunnali e invernali non esisterà più: ognuna se ne sarà andata per la sua strada negli sterminati spazi della Galassia. Anche se a occhio nudo nelle Pleiadi si vedono tra sei e nove stelle, in realtà l’ammasso ne comprende un migliaio e a occhio nudo si vedono solo le più brillanti. La più luminosa di tutte è Alcyone, una stella multipla la cui componente principale è una gigante azzurra di classe B5 nove volte più grande del Sole ma ben 2.000 volte più luminosa grazie all’elevata temperatura superficiale di 12.000 °C. Si trova a 440 anni luce e questa è più o meno la distanza da noi dell’ammasso, che però si estende parecchio lungo la linea di vista. Ad esempio, Maia e Merope, altra due stelle delle Pleiadi, si trovano a 380 anni luce, ben 60 anni luce “davanti” ad Alcyone. L’ammasso delle Pleiadi, che da Terra appare piuttosto compatto, è in realtà molto allungato proprio lungo la linea di vista: se lo guardassimo, per così dire, di lato, lo vedremmo molto più lungo e disperso.
Confinante col Toro, ormai ben visibile già di sera, appare anche la costellazione dell’Auriga, riconoscibile dalla caratteristica figura pentagonale: dei vertici del pentagono, quattro sono identificati da stelle dell’Auriga, tra cui la più luminosa è Capella, sesta più brillante di tutto il cielo, e uno da una stella del Toro, Elnath, che costituisce la punta di una delle due corna dell’animale celeste. Dato che il Toro di corna ne ha due, ecco che l’altra punta è identificata dalla più debole stella Zeta Tauri, chiamata anche Tianguan, vicino alla quale si trova la celebre Nebulosa del Granchio, resto di una supernova avvistata nel 1.054. La vicinanza alla stella Zeta Tauri è solo prospettica, in quanto la stella dista 440 anni luce, mentre la nebulosa 6.500 e si trova addirittura in un altro braccio a spirale della Galassia, quello di Perseo e non quello di Orione dove ci troviamo noi. Col passare delle ore, mentre l’Auriga e il Toro salgono a guadagnare la ribalta del firmamento, ecco sorgere Orione che sarà osservabile in orari più comodi nei prossimi mesi invernali.
Nel mese di novembre sono osservabili anche due sciami meteorici: le Tauridi nella prima metà del mese e le Leonidi con picco nella notte tra il giorno 17 e il 18 verso il mattino, con la Luna perlopiù prossima alla Luna Nuova, dunque in condizioni osservative ideali. Le Leonidi sono famose per generare delle vere e proprie piogge meteoriche allorquando la cometa da cui originano, la Tempel-Tuttle, passa al perielio. L’ultimo passaggio è stato nel 1998 e il prossimo sarà nel 2031, dunque non ci si aspetta che le Leonidi siano particolarmente spettacolari quest’anno.
Veniamo ora ai pianeti del Sistema Solare. Questo mese, Saturno è ben visibile già di sera, abbastanza basso verso sud-est, al confine tra le costellazioni dell’Acquario e dei Pesci. Culmina verso sud dopo cena, a mezza altezza, per poi declinare e scomparire nelle ore antelucane. Gli anelli appaiono molto sottili perchè visti quasi di taglio anche se, col passare del tempo, appariranno via via più inclinati e dunque meglio visibili. Giove, invece, nella costellazione dei Gemelli, è visibile a partire dalla tarda serata, allorché appare basso verso nord-est, per poi salire e culminare molto alto verso sud, intorno alle 3-4 di notte. Peggiora invece la visibilità mattutina di Venere – in novembre passa dalla Vergine alla Bilancia – che si avvicina lentamente alla congiunzione superiore col Sole che avverrà in gennaio. Grazie alla sua altissima luminosità, il pianeta resterà comunque ben osservabile prima dell’alba. Praticamente invisibile sarà invece Marte.
Nelle ultime settimane si è sentito parlare abbastanza anche di una cometa, la C/2025 (A6) Lemmon, che ha raggiunto una luminosità al limite della visibilità a occhio nudo. In novembre, la sua luminosità andrà diminuendo, ma dovrebbe rimanere alla portata di un binocolo. Visibile nella prima parte del mese nella costellazione dell’Ofiuco, bassa verso sud-ovest dopo il tramonto, andrà via via scomparendo spostandosi verso regioni più australi del cielo. Un’altra cometa piuttosto chiacchierata è stata la 3I/ATLAS, il terzo oggetto interstellare scoperto attraversare il nostro Sistema Solare negli ultimi anni. Oggetto interstellare significa che, studiando la sua traiettoria, gli astronomi hanno dedotto che la sua origine è in un altro sistema stellare e che, vagando per gli spazi della Galassia, il caso ha voluto passasse dalle nostre parti. In altre parole, è troppo veloce per immaginare che possa essere legata gravitazionalmente al Sole. Curiosamente, la sua traiettoria avviene lungo il piano dell’eclittica, ovvero il piano orbitale della Terra intorno al Sole e, per questa e altre ragioni, alcuni hanno speculato che si tratti di un’astronave aliena che vuole raggiungerci e che è stata diretta sul piano orbitale della Terra da un’intelligenza aliena proprio per venire a trovarci. Suggerirei di stare tranquilli: l’ipotesi è estremamente improbabile e l’allineamento con l’eclittica verosimilmente casuale. In ogni caso, la cometa in dicembre sarà un po’ più vicina alla Terra, anche se non vicinissima e, se qualcuno verrà a trovarci, non mancheremo di comunicarvelo in questa rubrica!
Se volete provare a osservarla, dovete guardare verso la costellazione della Vergine, ovvero bassa a sud-est prima del sorgere del Sole, ma ci vuole un buon telescopio, essendo molto più debole della Lemmon (siamo intorno alla dodicesima magnitudine).

LA STELLA DEL MESE: TIANGUAN

Tianguan è il nome dato alla stella Zeta Tauri ed è di origine cinese, cosa abbastanza rara tra i nomi stellari. Il nome significa “la porta del cielo” ed era attribuito a questa stella e altre più deboli a lei vicine, riunite a formare un piccolo asterisma. Per la verità, questo nome non è molto usato e molti, me compreso, sono abituati a chiamarla Zeta Tauri, la designazione di Bayer. In ogni caso, con la sua magnitudine 3,0 si tratta della più debole delle due punte delle corna del Toro – l’altra è la ben più luminosa Elnath di magnitudine 1,65 – e si trova a 440 anni luce da noi, assai più distante di Elnath che è posta a 134 anni luce. Si tratta di un sistema binario molto stretto e discernibile solo tramite analisi spettroscopica della luce stellare (una cosiddetta doppia spettroscopica). La componente principale è una gigante 5 volte e mezzo più grande del Sole ma ben 4.200 volte più luminosa, data la sua altissima temperatura superficiale di 15.500 K (classe spettrale B2), mentre la secondaria ha una massa poco inferiore a quella del Sole, ma non si sa con certezza se sia una stella di tipo solare o una nana bianca. Le due componenti sono separate da una distanza poco superiore alla distanza Terra-Sole. Lo spettro mostra delle righe in emissione, testimonianza della presenza di un disco di gas espulso dalla componente principale.

Davide Cenadelli è un astrofisico PhD che ha svolto per anni attività di ricerca all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA), dove si è anche occupato di didattica e divulgazione.

Translate »